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NUMERO 6 - 22/03/2017

 La difesa dei diritti fondamentali, beni comuni incomprimibili

La sentenza n. 275/2016 della Corte costituzionale depositata in Cancelleria il 16 dicembre 2016, ma decisa il 19 ottobre dello stesso anno, riprende i temi che negli ultimi mesi, direttamente o per via traversa, hanno particolarmente ispirato le coscienze e le azioni di milioni di elettori e della dottrina giuspubblicistica. Gli elettori, in particolare, con il responso referendario del 4 dicembre 2016, sul percorso di indebolimento del sistema dei diritti che si verifica oramai da diversi decenni, hanno ribadito piuttosto fermamente una linea costituzionalista orientata alla loro realizzazione. Ancora una volta oggetto del giudizio è l’insieme dei beni comuni immateriali e fondamentali della forma di Stato pluralista e sociale: i diritti irrinunciabili, incomprimibili e immodificabili della Repubblica. Gli interessi e i valori (beni comuni cui si fa riferimento nelle categorie che la dottrina studia oramai da anni) «perseguibili attraverso politiche pubbliche che necessariamente (anche sulla base di vincoli costituzionali) fanno capo agli organi di governo della collettività». Non a caso in questo lavoro riteniamo opportuno così definire questo “zoccolo duro” del costituzionalismo, anche per dare un contributo, seppur minimo, al dibattito in corso sulla categoria dei beni comuni. Nella sentenza in esame, peraltro, il giudice delle leggi si relaziona a due categorie di «beni e interessi». Una costituita da diritti che non godono di piena e incondizionata tutela, un’altra costituita al contrario di diritti di piena e incondizionata tutela fra cui il diritto allo studio del disabile, accedendo così alla prevalente dottrina che individua nei diritti dello Stato sociale una delle declinazioni immateriali della categoria dei beni comuni. Ma veniamo alla sentenza de qua. Nel marzo 2014 il TAR Abruzzo solleva una questione di legittimità costituzionale su una disposizione di legge regionale relativa all’attuazione del diritto allo studio, limitatamente alla parte in cui l’erogazione effettiva del 50% della spesa rendicontata dalla Provincia di Pescara per la fornitura del servizio trasporto degli studenti disabili, riferita alle annualità 2006-2012, è ricondotta alla disponibilità finanziaria determinata dalle annuali leggi di bilancio. In effetti, per le richiamate annualità finanziarie la Regione aveva erogato somme inferiori al 50% con una differenza di euro 1.775.968,04 avendo applicato, per l’appunto, la disposizione impugnata. Essa, entrata in vigore nel 2004, interviene sulla precedente norma regionale del 1978 e connette l’effettiva erogabilità di quel 50% come percentuale certa delle somme documentate dalla Provincia, a situazioni incerte e future relative alle performances della gestione contabile del bilancio regionale. La forte differenza finanziaria sopra riferita avrebbe condotto, dice la Corte, a «un indebitamento tale da comportare una drastica riduzione dei servizi per gli studenti disabili, compromettendo l’erogazione dell’assistenza specialistica e dei servizi di trasporto». Emerge così il nodo centrale del tema che vorremmo esaminare: in astratto, la valutazione del legislatore cui sia affidato il bilanciamento fra garanzia dei diritti fondamentali e disponibilità di bilancio, potrebbe orientarsi verso una soluzione che intacca sensibilmente la prima. Tale soluzione mostrerebbe almeno due profili di analisi fra loro strettamente legati. Bisognerebbe comprendere, infatti, a) – quale sia oggi la dimensione e l’attualità dei diritti incomprimibili dello Stato sociale (che potrebbero non essere più attuali, stando almeno alla valutazione del legislatore quando li marginalizza)Questi sono beni comuni immateriali dei quali – in una prospettiva di superamento (o di rinuncia), forse, per via di presunte nuove congiunture politico-finanziarie nazionali o trans-nazionali –, secondo alcuni, potrebbe essere giunto il momento di fare a meno, o sui i quali sia diventato possibile e opportuno esercitare azioni di compressione e restringimento; b) – quale sia il giusto rapporto fra le politiche dello Stato sociale e le questioni relative alla gestione ordinaria dei bilanci dei pubblici poteri, anche alla luce degli obblighi che seguono la modifica delle disposizioni costituzionali di cui all’art. 81 Cost... (segue)



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