L’art. 20 d.lgs. n. 50/2016 colloca fra i contratti esclusi (in parte) dall’ambito di applicazione del codice le convenzioni con le quali soggetti pubblici o privati si impegnano verso una P.A. a realizzare a propria cura e spese un’opera pubblica. L’opera deve essere prevista nella programmazione urbanistica e la proposta del privato, che è tenuto anche a munirsi delle necessarie autorizzazioni, deve comprendere un progetto di fattibilità con i tempi previsti per la realizzazione e lo schema dei contratti di appalto che saranno utilizzati per l’affidamento a terzi. Contenuto necessario della convenzione è anche la previsione delle conseguenze dell’eventuale inadempimento, pure con specifico riguardo all’introduzione di penali e di poteri sostitutivi. Si tratta di previsione che si colloca nel quadro del potenziamento della collaborazione pubblico-privato in un’ottica di amministrazione di risultato, che non trova un precedente né nella normativa previgente né, quanto meno in maniera esplicita, nelle direttive comunitarie. Tuttavia, dalla definizione dell’appalto contenuta all’art. 2 n. 5 dir. 2014/24/UE, che lo qualifica “contratto a titolo oneroso” (ancora di recente ribadita dalla Corte di Giustizia), è di immediata deduzione il fatto che gli atti a titolo gratuito e/o di liberalità non ricadono nel relativo campo di applicazione. La normativa delegante prevede che il governo proceda alla “individuazione dei contratti esclusi dall’ambito di applicazione del decreto di recepimento delle direttive e del decreto di riordino in coerenza con quanto previsto dalle direttive”, omettendo tuttavia di offrire ulteriori indicazioni di quei principi e criteri direttivi che, stando all’art. 76 Cost., dovrebbero specificare modi e limiti dell’eccezionale potere concesso al governo di adottare norme di rango equiparato alla legge. E’ pur vero che i limiti della delega, anche secondo le indicazioni della Consulta, possono essere impliciti e tratti dal suo tenore complessivo o possono essere indicati per relationem (per la delega in esame hanno un rilievo specifico le direttive), ma, pur non essendo questa la sede per approfondire l’indagine, il dubbio quanto meno sussiste tenuto conto che non è dato trovare riferimenti agli atti a titolo gratuito o agli atti di liberalità neppure nella richiamata disciplina comunitaria, se non per converso, come sopra accennato. D’altra parte, deve valutarsi che la ricerca dei limiti impliciti all’interno della legge di delega si è risolta, nella maggior parte dei casi, favorevolmente al legislatore, in quanto la Corte tende a concentrarsi sulla lesione concreta e non virtuale del dettato costituzionale. Ciò porterebbe a valorizzare il fatto che la delega in materia di contratti esclusi reca implicitamente il riferimento a tutto ciò che invece rientra nel relativo ambito e che è ben delimitato nelle direttive (non solo nell’articolato, ma anche nei considerando), che si preoccupano anche di indicare quali siano i principi discretivi per circoscrivere appunto regimi di esclusione e di eccezione... (segue)
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