
La sentenza in commento – pur ponendosi nel solco della giurisprudenza costituzionale in tema di coordinamento della finanza pubblica, non sempre lineare e convincente – suscita alcune riflessioni. Questa pronuncia si occupa ancora una volta della legge di stabilità 2016 (l. n. 208/2015) e, fra le diverse censure proposte, valuta la questione di legittimità costituzionale sollevata con ricorso in via principale nei confronti della disposizione che ha determinato l’ammontare del concorso statale al fabbisogno sanitario nazionale standard per il 2016. Le censure espresse hanno denunciato una lesione dell’autonomia regionale legislativa, amministrativa e finanziaria, del principio di leale collaborazione, oltre che dei principi di ragionevolezza e proporzionalità perché sarebbe stata disposta una riduzione permanente e lineare del contributo statale in assenza di una previa intesa in Conferenza Stato/Regioni, contrariamente a quanto accaduto negli anni precedenti, alle previsioni del Patto per la salute 2014-2016 e al d.lgs. n. 68/2011. Né vi sarebbe stato il coinvolgimento della Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica, ex art. 5 della l. n. 42/2009. Inoltre, detta quantificazione sarebbe sganciata da qualsiasi considerazione dei costi standard o dei livelli di efficienza delle singole Regioni, carente di adeguata istruttoria e in contraddizione con l’incremento delle esigenze di servizio riconducibili all’aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza (LEA), tenuto conto che, in assenza di adeguate fonti di finanziamento alle quali attingere per soddisfare i bisogni della collettività in un quadro organico e complessivo, diviene arduo garantire i servizi a rilevanza sociale. Nondimeno, la quantificazione delle risorse in modo funzionale e proporzionato alla realizzazione degli obiettivi previsti dalla legislazione vigente, secondo quanto affermato dalla stessa Corte costituzionale (sent. n. 10/2016), è fondamentale e costituisce il presupposto del buon andamento dell’amministrazione, cui lo stesso legislatore si deve attenere puntualmente per non compromettere il principio di eguaglianza sostanziale quale esito dell’evidente pregiudizio al godimento dei diritti conseguente al mancato finanziamento dei relativi servizi... (segue)
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