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NUMERO 2 - 17/01/2018

 Partenariato pubblico-privato e valorizzazione economica dei beni culturali

E’ ormai convincimento prevalente che il rapporto di sponsorship tra pubblico e privato finalizzato alla valorizzazione dei beni culturali non sia incompatibile con il disegno del Costituente, anzi possa vantare in esso un significativo ancoraggio, costituendo uno dei modi attraverso i quali il privato concorre alla finalità, costituzionalmente garantita dall’art. 9 Cost., della promozione della cultura. In effetti, se per lungo tempo è apparsa prevalente l’idea per così dire purista, secondo cui l’unica lettura ammissibile dell’art. 9 Cost. dovesse essere quella di una tutela conservativa del patrimonio culturale in funzione della più ampia fruizione pubblica possibile dei valori culturali, senza l’“inquinamento” di qualsivoglia utilizzazione economica, progressivamente si è andato affermando, in una prospettiva antitetica, un approccio per così dire “aziendalistico”, secondo il quale la primazia assegnata dal Costituente nell’art. 9 alla tutela del patrimonio culturale (comma 1) è tale in quanto funzionale al fine di promuovere la cultura (comma 2); con la conseguenza che una politica di valorizzazione anche delle potenzialità economiche di siffatto patrimonio non solo non potrebbe ritenersi incompatibile con la richiamata ratio teleologica della previsione costituzionale, ma addirittura ne agevolerebbe il suo concretarsi, ponendosi in un rapporto di mezzo a fine. Peraltro, l’approccio aziendalistico avrebbe il pregio di salvaguardare siffatta ratio ispiratrice del disegno costituzionale, essendo un neutrale fattore-guida delle scelte organizzative volte ad ottimizzare il rapporto tra obiettivo e risultato (efficacia), tra risorse disponibili e quelle impiegate (economicità) e, infine, tra risorse utilizzate e risultati conseguiti (efficienza). Del resto, la compatibilità tra una logica aziendale e valori culturali appare ben desumibile da una lettura sistematica dell’art. 9 Cost. in correlazione sia con l’art. 97 Cost., sia con l’art. 41 e 119 Cost. In effetti, nel silenzio dell’art.9 Cost. sul modus attraverso il quale il legislatore ordinario deve perseguire il fine indicato dal Costituente della promozione della cultura, non potrebbe escludersi in via aprioristica un approccio “privatistico- aziendale”, informato a criteri di economicità, efficacia ed efficienza del patrimonio culturale, quale mezzo per la sua miglior fruizione pubblica e valorizzazione, in quanto, per tal via, si perseguirebbe, anche nel settore culturale, il valore costituzionale del “buon andamento”, di cui all’art. 97 , comma 2 Cost., unitamente al necessario equilibrio del bilancio pubblico (art 97 comma 1). Né, sotto connesso profilo, avrebbe pregio tutelare il patrimonio culturale assumendo che il citato art. 9 Cost. imponga, in qualche modo, una sorta di riserva a favore di una esclusiva gestione pubblica del patrimonio culturale, atteso che verrebbero pretermessi altri beni costituzionalmente protetti, come l’iniziativa economica privata di cui all’art. 41 Cost., ovvero l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli o associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale sulla scorta del principio di sussidiarietà orizzontale di cui all’art. 118 comma 4 Cost.: per tal via, si determinerebbe un ingiustificato favor per il pubblico, del tutto in contrasto con siffatti valori di pari dignità costituzionale, tanto più grave ove si consideri che tale opzione sarebbe sempre meno sostenibile dal fragilissimo equilibrio della finanza pubblica. Peraltro, il principio di sussidiarietà sancito al comma 4 dell’art. 118 Cost. “impone che le funzioni di interesse generale non siano necessariamente pubbliche in senso soggettivo e non debbano essere necessariamente guidate da processi decisionali politici”; anzi, la novità della suddetta previsione parrebbe individuarsi proprio nella inversione delle polarità pubblico-privato che ha caratterizzato l’intervento degli apparati pubblici, nel senso che nella dimensione della sussidiarietà orizzontale, la regola è rappresentata dal privato, mentre il pubblico costituirebbe l’eccezione.  Come dire, in definitiva, che in materia di tutela e valorizzazione del patrimonio culturale il parametro costituzionale desumibile dal combinato disposto degli artt. 9, 41 e 118 Cost., è destinato a legittimare il legislatore ordinario, in relazione alla scelta dei mezzi idonei a conseguire la finalità indicata dal Costituente della promozione della cultura, non solo a ricorrere indifferentemente all’intervento gestionale degli apparati pubblici, ovvero all’iniziativa economica privata, ovvero ancora a forme di integrazione pubblico-privata, ma anche a favorire, giusta il principio di sussidiarietà orizzontale, i privati ove decidano, come nel caso di una sponsorship, di investire sui beni culturali realizzando, per tal via, un interesse collettivo senza impiego di risorse pubbliche... (segue)



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