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NUMERO 4 - 14/02/2018

 Le regole dell'incarico

La Costituzione non dice nulla sul conferimento dell’incarico per la formazione di un nuovo governo. Dal combinato disposto degli art. 92 e 94 Cost. possiamo al più desumere che il Presidente della repubblica individua un Presidente del Consiglio (e i Ministri) al fine di far ottenere al Governo la fiducia parlamentare. Ne discende che, finalisticamente, l’incarico a formare un nuovo governo deve tendere a un governo che riceva la fiducia delle Camere. Ma a chi deve essere affidato l’incarico? La prassi di vita repubblicana ci aiuta poco. Non si può certo pensare che - in linea geometrica - l’incarico spetti al leader del partito che ha vinto le elezioni, ottenendo più voti. La prassi è sempre stata ondivaga e anche quando si è votato con un sistema elettorale proporzionale, addirittura indicando in scheda il nome del candidato Presidente del Consiglio, il Capo dello Stato non ha mancato di dare incarichi a soggetti diversi (tutti ricordiamo il caso della caduta del governo Berlusconi I con nomina del governo Dini. Ma anche i più recenti Governi Letta e poi Renzi delineano tendenza analoga). A ricevere l’incarico non è il leader del partito o della colazione che ha vinto le elezioni, ma un soggetto che può formare il governo. Certo, il leader del partito che vince le elezioni ha le maggiori probabilità di poter formare un governo. Ma il Presidente della Repubblica, in sede di consultazioni, può individuare una differente maggioranza parlamentare. In questo momento, in attesa delle elezioni, quel che conta chiedersi al giurista è: le regole dell’incarico sono regole giuridiche? Cioè sono regole o regolarità? Sono consuetudini o convenzioni costituzionali? La questione non è di poco conto. In quanto, come ben sappiamo, una consuetudine può essere giustiziabile. Ma allora proprio così possiamo impostare il nostro dubbio: è pensabile che un leader politico che non riceva l’incarico impugni la mancata designazione? A prescindere dalla difficoltà di individuare l’atto impugnabile (l’incarico è normalmente un atto orale, almeno dal 1958) e conseguentemente la giurisdizione competente (esclusa la civile, difficile pensare alla amministrativa, per cui non resterebbe che un conflitto fra poteri alla Corte costituzionale, forse), appare veramente difficile pensare che un ricorso di questo genere possa essere ritenuto ammissibile. Si tratta di convenzioni politiche più che di consuetudini. In buona sostanza, con un gioco di parole, possiamo dire che l’incarico non ha regole. Salvo che il Presidente della Repubblica non conferisca incarichi apertamente finalizzati a non formare un nuovo governo.



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