
Quello dell’effettività è un criterio generale invero proprio e peculiare di qualsivoglia ordinamento, e non solo di quello dell’Unione europea, in quanto strumento imprescindibile per l’esistenza stessa di un sistema giuridico. Al livello transnazionale, poi, esso si atteggia secondo delle dinamiche complesse, sulle quali incidono inevitabilmente le specificità di un apparato politico istituzionale e, di conseguenza, di produzione normativa, quale è quello dell’Unione. Molto si è discusso e, per certi versi, di discute ancora oggi, attorno all’esatto significato del termine effettività e alla portata ad esso attribuita dalla Corte di giustizia nella sua copiosa giurisprudenza. Ciò è principalmente dovuto alla circostanza per la quale si tratta di una nozione piuttosto articolata, suscettibile di essere osservata da molteplici prospettive e, conseguentemente, di declinarsi in forme diverse a seconda del piano di indagine e delle caratteristiche del suo ambito di applicazione. E’ in nome e in ragione dell’effettività che si è data gran parte della storica giurisprudenza della Corte di giustizia, ossia quella da cui sono derivati i principi ormai ritenuti fondanti un ordinamento autonomo ed articolato come quello dell’Unione. Si pensi alle pronunce in materia di interpretazione conforme; a quelle attributive di effetti diretti alle direttive inattuate; o ancora a quelle relative alla responsabilità risarcitoria degli Stati. Per garantire l’effettività del sistema, poi, la Corte si è spesso spinta oltre i confini dalla stessa precedentemente disegnati, nel tentativo di perseguire il fine ultimo della corretta applicazione del diritto dell’Unione e del suo effetto utile. Basti solo ricordare, a questo proposito, la giurisprudenza cosiddetta “correttiva” rispetto al tradizionale divieto di effetti diretti orizzontali delle direttive. Ora, è evidente come uno studio sull’effettività, che pretendesse di cogliere tutte le sfumature di un principio così complesso ed articolato, non potrebbe esaurirsi in poche pagine. Per questa ragione si tenterà di circoscrivere il campo della presente indagine ad alcuni profili, minimi ed essenziali. In primo luogo, si prospetteranno talune tra le più accreditate ricostruzioni dottrinali di un principio che, come è noto, è di origine giurisprudenziale. Da questa disamina emergerà immediatamente la natura “bifronte” dell’effettività, stretta tra la sua funzione di parametro di valutazione del corretto funzionamento dell’ordinamento giuridico dell’Unione, e quella di strumento di protezione dei diritti individuali anche sul versante domestico. Proprio su questa base, in un secondo momento si tenterà di cogliere il rapporto, di non facile definizione, che intercorre tra il principio di effettività tout court e quello di effettività della tutela giurisdizionale. A tal fine si focalizzerà successivamente l’attenzione sulla ormai consolidata positivizzazione del criterio della tutela giurisdizionale effettiva, dovuta agli articoli 47 della Carta di Nizza e 19 del Trattato sull’Unione europea, tentando altresì di mettere in luce se e in quali termini il principio in parola sia eventualmente mutato, nell’applicazione concreta offertane dai giudici di Lussemburgo, a fronte della sua espressa previsione normativa. Al termine di questo percorso argomentativo, si tenterà quindi di dimostrare come l’effettività della tutela giurisdizionale sia inscindibilmente legata all’effettività del diritto in senso stretto intesa, in quanto funzionale al perseguimento di imprescindibili esigenze di “tenuta” del sistema, ancora più evidenti alla luce della cristallizzazione normativa di principi ormai abbondantemente consolidati nella giurisprudenza della Corte... (segue)
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