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NUMERO 5 - 28/02/2018

 Brevi riflessioni sul fondamento e sul declino dello Stato di diritto

Per quanto non espressamente menzionato nella Costituzione, il concetto di Stato di diritto pare implicitamente riconosciuto nella Carta come il modello della forma di Stato, e, cioè, come l’archetipo delle relazioni tra quest’ultimo e i cittadini. Originato nel pensiero del liberalismo tedesco nei primi decenni del XIX secolo (Rechtsstaat) e replicato, nei suoi caratteri essenziali, nelle elaborazioni teoriche anglosassoni con la diversa denominazione di Rule of law (secondo la definizione che ne dà Dicey) esso implica il riconoscimento e la protezione dei diritti individuali e delle libertà dei cittadini, la certezza del diritto, l’eguaglianza formale dei consociati, la soggezione dell’amministrazione alla legge, la giustiziabilità dei diritti incisi dalle potestà pubbliche, la divisione dei poteri e, in particolare, l’indipendenza dell’ordine giudiziario dal potere esecutivo. Elaborata in antitesi allo Stato di polizia (Polizeistaat), la concezione dello Stato di diritto obbedisce all’esigenza di configurare l’assetto dei rapporti tra Stato e cittadini secondo una dialettica di stretta legalità ed esprime, quindi, la necessità che la sfera giuridica dei secondi possa essere validamente limitata o incisa dall’autorità pubblica solo nella misura in cui la relativa conformazione è autorizzata da una legge votata da un’assemblea rappresentativa del popolo. Ancorchè qualificata come pleonastica (Kelsen), siccome logicamente compresa nell’organizzazione giuridica degli Stati moderni, la nozione di Stato di diritto appare, invece, ancora attuale e valida nella misura in cui esige, non solo che l’esercizio dei pubblici poteri sia regolato dalla legge in modo da assicurare il rispetto delle libertà e dei diritti dei cittadini, ma di guisa che questi ultimi possano essere ridotti o, addirittura, annullati solo da un ordine legale che sia connotato dai caratteri della certezza, della prevedibilità e della giustiziabilità. La legge resta, in quest’ottica, il presidio della libertà e della sicurezza dei cittadini (Von Stein) e la loro garanzia di protezione dagli abusi e dagli arbitri del potere pubblico (Costa). Perché la legge possa assicurare i diritti dei cittadini è, tuttavia, necessario che essa sia deliberata da assemblee effettivamente rappresentative della volontà popolare (von Mohl). Solo in un sistema in cui la sovranità del popolo venga esercitata secondo dinamiche che assicurino la partecipazione popolare, seppur nella forma della delega della rappresentanza, la legge può essere riconosciuta come strumento idoneo a limitare l’esercizio del potere pubblico e, in definitiva, a costituire un baluardo al dispotismo autoritario del Polizeistaat... (segue)



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