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NUMERO 6 - 14/03/2018

 Crisi e risoluzione della banca

La salvaguardia della stabilità del settore finanziario e di quello bancario è posta a fondamento dell'adozione di numerosi interventi legislativi da parte dell’Unione Europea. Quest’ultima infatti, al fine di creare un contesto bancario unitario nello spazio comune europeo, ha provveduto ad armonizzarne le regole comuni concentrando i suoi interventi su tre pilastri: si tratta, come è noto, della vigilanza unica, del meccanismo europeo per la risoluzione delle crisi bancarie e, infine, del sistema comune per la garanzia dei depositi (quest’ultimo, invero, ancora non attuato). Rispetto al pilastro relativo alla vigilanza unica è da sottolinearsi, in particolare, l’importanza del Regolamento n. 1024/2013/UE (c.d. Regolamento SSM), con il quale sono stati demandati alla BCE particolari compiti in ordine alla vigilanza prudenziale sugli enti creditizi, nonché previsto, sempre riguardo a tale tematica, la suddivisione di funzioni tra autorità nazionali di supervisione (le Banche Centrali) e la stessa BCE. Sono compiti complessi e spesso non facilmente imputabili (quantomeno teoricamente) ad una sola autorità, sebbene, va sottolineato, il medesimo Regolamento provveda ad individuarli e definirli sia rispetto alle procedure autorizzative, sia riguardo alle funzioni di controllo (queste ultime suddivise in base alla ripartizione tra le c.d. banche significative - di competenza della BCE - e quelle non qualificate in tal modo). In ogni caso, la vigilanza sulle banche europee, siano esse significative o no, non può prescindere dal rispetto da parte degli enti vigilati di particolari requisiti patrimoniali, individuati dai c.d. accordi di Basilea. Come è noto, tali intese, di cui meglio si dirà nel proseguo, definiscono le regole in materia di adeguatezza patrimoniale delle banche, declinate nel rispetto di requisiti prudenziali minimi di capitale, nonché nella qualità delle risorse patrimoniali e degli strumenti di mitigazione dei rischi che gli stessi enti creditizi devono appostare nei loro bilanci. Ancora, tra le regole inerenti la salvaguardia del settore bancario, questa volta in termini più specifici, è da sottolinearsi la Direttiva 2014/59/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 15 maggio 2014, c.d. Bank Recovery and Resolution Directive (in seguito BRRD), relativa alla risoluzione degli enti creditizi e delle imprese di investimento. Introdotta in Italia con il d.lgs. 16 novembre 2015, n. 180 ed il d.lgs. 181 della stessa data, ha avuto come effetto la modifica del testo unico bancario, del testo unico della finanza, nonché di taluni articoli della legge fallimentare, inducendo peraltro l’opinione pubblica a considerare - evidentemente in modo errato - che l’unica vera novità risiedesse nel c.d. bail-in. Più nello specifico, la Direttiva 2014/59/UE, da applicarsi unitamente al regolamento n. 806 del 2014 (c.d. SRM), introduce negli ordinamenti nazionali nuove procedure finalizzate sia a far fronte a situazioni di dissesto conclamate delle banche (di cui meglio si dirà), sia a prevenirle in virtù del ricorso ad indicatori idonei a riconoscere, per tempo, possibili scenari di future criticità. Inoltre, il recepimento in Italia della BRRD comporta che dal 1° gennaio 2016 - nei casi più gravi di crisi finanziaria di una banca - possa essere applicata la citata procedura di “bail-in” (letteralmente “salvataggio interno”) in base alla quale le perdite della stessa vengono trasferite dapprima agli azionisti e, successivamente, alle altre categorie di creditori della banca (mediante riduzione o conversione in capitale dei loro diritti) con esclusione, tuttavia, di alcune categorie di depositi e passività. La BRRD fornisce quindi un potente strumento alla Banca d’Italia (piuttosto che alle autorità di vigilanza sui sistemi bancari dei diversi Paesi europei) con cui ripristinare l'equilibrio patrimoniale dell’ente bancario in ipotesi di risoluzione, il tutto attraverso la svalutazione e/o la conversione in capitale delle diverse passività. Nel nostro Paese, dopo l’adozione del d.lgs.16 novembre 2015, sono stati numerosi gli interventi rivolti alla “gestione” di crisi bancarie tramite procedure di risoluzione; ci si riferisce, in particolare, ai noti casi di Banca Etruria, Banca Marche, Cassa di Risparmio di Ferrara e Cassa di risparmio di Chieti, banche per le quali, dopo l’azzeramento del capitale e la conversione di parte delle passività bancarie, è stato previsto l’intervento del Fondo Atlante quale rimedio straordinario volto ad evitare una grave perturbazione dell'economia e a preservare la stabilità finanziaria. Ancora oggi gli effetti sulle economie dei territori in cui le banche insistevano (e le polemiche) sono evidenti... (segue)



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