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Quando i giudici costituzionali esamineranno l’ordinanza di rimessione con la quale l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) ha sollevato questione di costituzionalità dell’art.93-ter, comma 1 bis della Legge notarile (introdotto dalla legge 27 dicembre 2017, n.205), avranno l’opportunità di interrogarsi sul ruolo di un organo che presidia la libertà di concorrenza (in attuazione degli articoli 41 e 117, co.2, lett. e) Cost.) ed è al contempo essenziale nodo di raccordo per la realizzazione delle regole e della politica antitrust europea (artt.101 ss. TFUE). La norma denunciata esclude l’applicazione delle regole e dei controlli antitrust per gli atti funzionali all’esercizio del potere disciplinare nei confronti dei notai in virtù della natura di “servizio di interesse economico generale” riconosciuto a quelle attività di vigilanza in virtù del richiamato art.8 L.n.287 del 1990: quest’ultima disposizione, in armonia con quanto previsto dall’art.106, par.2, TFUE, prevede infatti che le regole antitrust nazionali «non si applicano alle imprese che, per disposizione di legge, esercitano la gestione di servizi di interesse economico generale ovvero operano in regime di monopolio sul mercato, per tutto quanto strettamente connesso all’adempimento degli specifici compiti loro affidati». La novella legislativa è stata introdotta in prossimità della decisione finale del Collegio dell’AGCM in merito ad un’istruttoria avviata a seguito di una denuncia per sospetta violazione del divieto di intese (art. 2, l. n.287 del 1990) a carico delle iniziative e degli atti di “vigilanza” posti in essere dal Consiglio Notarile di Milano al fine di limitare l’azione di quei notai che, avendo acquisito consistenti quantità di lavoro, non apparivano in linea con la media del distretto. La decisione dell’AGCM di sollevare questione di costituzionalità, per sospetta violazione degli articoli, 3,41 e 117, comma 1 Cost., è legata alla posizione assunta dal Consiglio Notarile di Milano che, non condividendo l’interpretazione (rigorosa, in conformità con i principi costituzionali e comunitari sulla concorrenza) offerta dagli Uffici istruttori dell’AGCM, ha opposto l’incompetenza assoluta della stessa a giudicare le condotte oggetto dell’istruttoria. La controversia sui confini di questa “deroga” all’operatività dei divieti e dei controlli antitrust ha indubbiamente una forte valenza anche simbolica dal momento che è una legge dello Stato a identificare nel giudizio disciplinare della categoria professionale dei notai una (più o meno ampia?) zona franca dall’operatività delle regole antitrust e sappiamo che i giudici costituzionali hanno costantemente riposto la massima fiducia nel legislatore statale riconoscendo il carattere esclusivo e assolutamente pervasivo della competenza statale “trasversale” relativa alla tutela della concorrenza di cui all’art.117,co.2, lett.e) Cost. riformato dalla l.cost. n.3 del 2001. Come è noto, infatti, fin dal 2004 la Corte costituzionale ha ritenuto di accentrare nelle leggi statali la capacità di definire in via esclusiva soluzioni per “la tutela e la promozione” della concorrenzialità del mercato, escludendo dal perseguimento di questo obiettivo qualunque margine di intervento da parte del legislatore regionale. Per poter analizzare nel merito una questione che evidentemente coinvolge un punto nodale dell’effettività delle regole (italiane ed europee) poste a presidio della concorrenzialità del mercato la Corte dovrà in prima battuta confrontarsi con la sua giurisprudenza, multiforme e non sempre lineare, in materia di presupposti per avere “un giudice” e un “giudizio” ai sensi e per gli effetti dell’art.1 della l.cost.n.1 del 1948... (segue)
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