
Il convegno che si sviluppa oggi e domani si pone in continuità con la riflessione avviata l’anno scorso sulla “sentenza ingiusta” e dimostra la volontà degli ideatori di questa giornata di tracciare una linea di continuità in relazione a una delle tematiche di fondo del diritto e della giustizia amministrativa: l’esigenza di una “calcolabilità” dei comportamenti di privati e amministrazioni sulla base di un apprezzabile grado di certezza delle regole e, in caso di contestazioni, di una prevedibilità delle decisioni del giudice chiamato a dirimere le controversie. Ho riferito volutamente il termine “calcolabilità” –solitamente riferito al “diritto”- ai comportamenti delle parti, per sottolineare che ciascuno di noi vuole “farsi i calcoli” sulla conseguenza delle proprie azioni. E l’amministrazione vorrebbe avere regole tanto “certe” da poterle applicare senza difficoltà, senza dubbi e senza contestazioni. Naturalmente, a fronte di regole certe, sì e no si capirebbe perché debba pagarsi un corpo professionale di giudici, mentre gli avvocati dovrebbero trasformarsi in “legali” che aiutino le parti a regolare i loro rapporti sulla base di queste regole certe. Per l’evidente carattere irreale delle su riportate affermazioni, probabilmente già Bobbio ebbe a definire un “mito“ la certezza del diritto. Per la stessa ragione si dice comunemente che il giudice “bocca della legge” sia una figura che mai ha trovato realizzazione. Mentre rasenta l’ovvietà affermare che il giudice applica la legge e non la crea, mentre chi fa le leggi è il parlamento, espressione della sovranità popolare. Certo, esistono anche scuole di pensiero diverse e “radicali” (dalla Scuola del diritto libero alle più moderate controversie tra neopositivisti e adepti della scuola storica), ma credo che molte delle discussioni e gran parte del dibattito che il tema, da sempre ma con una recrudescenza allarmante negli ultimi tempi, suscita, oscillino troppo spesso tra una fuga dalla realtà e un rifiuto della complessità. Che quello della certezza del diritto sia un’esigenza della società mi pare evidente: ciascuno deve poter conoscere le conseguenze, e non solo sul piano penale, dei propri comportamenti; l’imprenditore deve sapere quali sono le condizioni per poter intraprendere un’attività di impresa e di quali titoli autorizzatòri debba munirsi; il cittadino comune deve poter sapere se può o no costruire una veranda sul terrazzo; chi un’autorizzazione l’abbia ottenuta già deve poter sapere che, almeno da un certo momento in poi a far data dal rilascio, può stare tranquillo sulla stabilità del titolo... (segue)
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