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NUMERO 16 - 01/08/2018

 I costituenti e l'Europa

La reazione al nazionalismo e alle chiusure autarchiche che avevano segnato l’esperienza fascista era comune alle principali forze politiche rappresentate nell’Assemblea costituente. Nei lavori preparatori della "Commissione per gli studi attinenti alla riorganizzazione dello Stato" si discusse della opportunità di inserire (nel preambolo della Costituzione) una "dichiarazione relativa alla politica estera dell'Italia"; superando la resistenza dei giuristi più anziani, furono Massimo Severo Giannini e Gaetano Morelli a proporre l'inserimento non di una semplice dichiarazione, ma di una disposizione che "verrebbe a costituire invece un principio generale dell'ordinamento giuridico italiano, capace quindi di produrre veri e propri effetti giuridici"; una normativa questa che oltre il rifiuto della guerra avrebbe dovuto prevedere anche "l'obbligo di limitare, attraverso un organizzazione internazionale, la propria sovranità in condizioni però di perfetta uguaglianza con gli altri Stati". L’idea di un ordine universale unitario si ispirava all’azione dei cattolici. Allo Stato "incarnazione totale della sovranità" La Pira efficacemente contrapponeva una visione pluralista che valorizzava le autonomie e l’integrazione pacifica di tutte le comunità: dalle comunità territoriali "alla comunità internazionale". Per le sinistre l’internazionalismo era un'aspirazione iscritta con chiarezza nella  tradizione politica e ideologica. Le forze laiche - segnatamente i repubblicani e il partito di azione - secondo l'insegnamento mazziniano, associavano il rifiuto del nazionalismo ad una prospettiva federale; nei programmi con cui si presentarono alle elezioni dell’Assemblea costituente questi partiti proposero con chiarezza l’esigenza di una federazione europea. Luigi Einaudi con coerenza aveva sostenuto la prospettiva federale europea come strumento per superare le divisioni e le guerre nel continente in una serie di scritti e a valle del primo conflitto mondiale.  Quest'aspirazione generale e ampiamente condivisa a una radicale revisione dell’idea di sovranità porta la Costituente - sul versante interno - a capovolgere, con l'articolo 2, la tradizionale logica che presiedeva il rapporto tra Stato e diritti, e sul versante esterno - quello della sovranità - con gli articoli 10 e 11,  all’affermazione del rifiuto della guerra e alla sostituzione della autarchia nazionalistica con il principio dell’apertura dello Stato all'ordinamento internazionale. Ampia e condivisa era nel dibattito dell'immediato dopo guerra la convinzione che il superamento del nazionalismo dovesse avvenire in una prospettiva europea. Era una ferma convinzione dei federalisti, ma era anche un'ispirazione che aveva animato tanta parte della reazione al fascismo. Basta ricordare le pagine con cui Benedetto Croce volle concludere nel 1931 la sua storia d’Europa, dove profetizza il momento in cui “francesi tedeschi italiani e tutti gli altri si innalzeranno a europei e i loro pensieri indirizzeranno l’Europa e i loro cuori batteranno per lei come prima per le patrie più piccole, non dimenticate già, ma meglio amate”. Non vi è però nella nostra Costituzione un riferimento all’Europa. Perché? E' il contesto storico a cui dobbiamo guardare. I mesi, addirittura i giorni, in cui si sviluppa in Costituente, nelle varie sedi, il confronto sulla redazione del testo dell'art. 11 della Costituzione sono momenti in cui la situazione internazionale è ancora troppo fluida. Il confronto tra quelli che diventeranno i due poli della politica internazionale è iniziato, ma non è ancora "dichiarato". De Gasperi e Adenauer sapranno cogliere per tempo i segni della nuova storia. De Gasperi, con il suo primo viaggio in America nel gennaio 1947, comprese che gli Stati Uniti erano i veri protagonisti, capaci non solo di aiutare l'Europa, ma anche di essere di esempio. Nel discorso del 10 gennaio a Cleveland, De Gasperi riconosce agli Stati Uniti una enorme forza "morale economica e politica"; un modello da imitare dove spirito di libertà e spirito religioso convivono in un "sistema collettivo che concilia e armonizza i diritti individuali con gli interessi di ciascuno Stato federale". E' proprio il sostegno attivo degli Stati Uniti all'integrazione europea il fatto nuovo della storia delle relazioni internazionali; un evento rivoluzionario nella politica estera americana che porta gli Stati Uniti a inoltrarsi stabilmente, con il lancio del Piano Marshall,  in quelli che Alexander Hamilton chiamava i "perniciosi labirinti della politica e delle guerre europee"… (segue)



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