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NUMERO 18 - 26/09/2018

 Sicurezza alimentare ed etica della sostenibilità

Uno studio giuridico sulla sicurezza alimentare richiede anzitutto una convenzione circa il suo campo di analisi, versandosi nell’ambito tematico del più ampio diritto dell’alimentazione. Dove opera una congerie di normazioni (non sempre inerenti il versante giuspubblicistico) che disciplinano profili connotati da reciproca integrazione, e non di rado sovrapposizione. Com’è stato rilevato, il diritto dell’alimentazione – o, meglio, la legislazione su questo tema – persegue l’equilibrio fra interessi spesso contrastanti e che seguono percorsi non lineari, ma che possono condurre anche a inattese, mutue sinergie. Si parlerà, dunque, del diritto pubblico dell’alimentazione sotto il profilo della sicurezza alimentare. «Pubblico» poiché questo settore si connota per la presenza di autorità amministrative; per l’esercizio, inoltre, di poteri imperativi e unilaterali secondo il regime tipico del provvedimento amministrativo; per la regolazione, ancora, attraverso lo schema del command and control; per l’esistenza, infine, di poteri di controllo ex ante, di verifica e di sanzione ex post. Ciò vale ancor più per il profilo della sicurezza alimentare: tralasciando per un momento l’aggettivo, è bene fermarsi sul concetto di «sicurezza», che pur se declinabile in diverse accezioni, implica comunque una limitazione delle altrui libertà. E la limitazione non può che provenire – se dev’esser legittima – da un potere pubblico, legislativo o amministrativo. In primissima sintesi, questo contributo sul diritto pubblico dell’alimentazione, e della sicurezza alimentare in particolare, si propone di analizzare i due significati più noti della sicurezza, articolati – come vedremo – in safety e security: così da verificare se entrambi possano dirsi adeguatamente perseguiti nell’attuale assetto, che s’impernia su decisioni di tipo precauzionale. Parrebbe infatti che il principio di precauzione – il quale guida le decisioni dello Stato e dell’Unione europea in materia di safety – non risulti soddisfacente se riferito anche all’obbiettivo della security, ancora lontana dall’esser sufficientemente garantita dal polo pubblico. Ora, il sistema del diritto ambientale offre un paniere assai ricco, dal quale il diritto dell’alimentazione ha già preso il principio di precauzione. Potrebbe mutuarsene un altro, essenziale per garantire anche la security: lo sviluppo sostenibile, da leggersi nel prisma del principio solidaristico ex art. 2 Cost. e da regolare secondo criteri etici. L’utilizzo eticamente orientato degli strumenti di governazione da parte dei poteri pubblici si rivela infatti, come si vedrà più avanti, uno snodo applicativo cruciale (ben degno di un’analisi approfondita, però esterna ai limiti di questo lavoro) del principio dello sviluppo sostenibile. Il quale rappresenta il fertile campo d’incontro tra diritto ed etica, dove i due ambiti precettivi cooperano sopperendo in modo scambievole e reciproco ai limiti strutturali e funzionali dell’altro. In questo modo si offre al teatro delle azioni pubbliche il più ampio orizzonte di manovra possibile: non solo spaziale, ma anche temporale, tale cioè da disporsi verso la tutela anche d’interessi nondum nati. Questa declinazione – insieme etica e giuridica, dunque – dello sviluppo sostenibile rinsalda i raccordi tra tutela dell’ambiente e solidarietà: la quale, a sua volta, si mostra elemento-cardine di una disciplina sulla sicurezza alimentare che deve (o dovrebbe) volgersi a sostegno di chi non ha accesso sufficiente al cibo… (segue)



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