L’entrata in vigore del decreto legislativo n. 175 del 19 agosto 2016 (Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica, T.U.) e delle successive disposizioni modificative contenute nel decreto legislativo n. 100 del 16 giugno 2017 (c.d. decreto correttivo), pone il problema di analizzare le articolate procedure relative ai controlli previsti per le società pubbliche. Si è in presenza di una disciplina che ha l’obiettivo di mettere ordine in una materia particolarmente complessa nella quale le scienze giuridiche interagiscono con quelle economiche ed, in particolare, con quelle economico-aziendali. Sicché, il giurista deve tener in debito conto gli esiti cui pervengono le ricerche scientifiche degli studiosi del settore, dovendo - in caso contrario - assumere la consapevolezza di essere relegato in una condizione di «splendido isolamento». Ciò posto, occorre muovere dalla considerazione che da tempo la dottrina aziendalistica ha ravvisato la necessità che le società (pubbliche e private) predispongano adeguati sistemi di controlli interni al fine di assicurare un efficiente ed efficace impiego delle risorse finanziarie. Va da sé che tale esigenza è particolarmente avvertita allorquando la provenienza delle disponibilità economiche dell’azienda è pubblica. E’ evidente, infatti, che in tali circostanze l’apparato organizzativo e di controllo deve essere in grado di assicurare il soddisfacimento degli interessi di ordine collettivo posti alla base dell’intervento della Pubblica Amministrazione. Sul punto, è appena il caso di precisare che il comma 2° dell’ art. 1 del Testo Unico sopra menzionato annovera, tra gli scopi di quest’ultimo, quello dell'efficiente gestione delle partecipazioni societarie, della tutela e della promozione della concorrenza e del mercato, nonché della razionalizzazione e della riduzione della spesa pubblica. Al fine di conseguire tali obiettivi, il legislatore ha delineato, in modalità ben definite, un articolato apparato di controlli sulle società pubbliche, ferma restando la forte presenza dello Stato il quale, a nostro avviso, svolge in subiecta materia un significativo ruolo di garante tra i diversi e contrapposti interessi in gioco. In tale contesto, trova conferma l’opinione espressa da un’illustre dottrina la quale, già alla fine degli anni cinquanta del novecento, auspicava che l’intervento pubblico nell’economia costituisse «una sintesi» e non già un compromesso fra passato e avvenire. Diversamente, «la nostra civiltà, come noi la concepiamo e la sentiamo, avrebbe (… avuto … ) i giorni contati». Preliminarmente, occorre far presente che la normativa in materia di controlli interni ed esterni nelle società pubbliche, contenuta nel decreto legislativo n. 175 del 2016 (come modificato nel 2017), non può prescindere da quella di carattere generale predisposta dal codice civile per le società private. Ciò, peraltro, è espressamente chiarito dall’art. 1, comma 3°, del T.U. secondo il quale «per tutto quanto non derogato dalle disposizioni del presente decreto, si applicano alle società a partecipazione pubblica le norme sulle società contenute nel codice civile e le norme generali di diritto privato». Se ne deduce che le norme del codice civile relative agli assetti organizzativi e di controllo dell’impresa potranno trovare applicazione anche nei confronti delle società partecipate dalla Pubblica Amministrazione nelle ipotesi in cui quelle speciali dovessero rivelarsi lacunose o creare dubbi interpretativi. Da qui, le condivisibili considerazioni espresse dalla dottrina secondo la quale le disposizioni di cui agli artt. 2381 e 2403 cod. civ. concernenti l’adeguatezza degli assetti organizzativi, devono applicarsi, in presenza di determinate circostanze, anche alle società pubbliche. Orientamento quest’ultimo che riconduce «il referente» dell’operatività disciplinata dalle menzionate disposizioni all’attività «di impresa, su cui si commisura l’adeguatezza della struttura della società» pubblica e privata… (segue)
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