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NUMERO 1 - 09/01/2019

 La rappresentanza degli interessi e gli ordini professionali

Partecipazione e decisione pubblica, com’è noto, sono consustanziale l’un l’altra; scegliere senza avere previamente raccolto il contributo degli interessati è svantaggioso per lo stesso interesse pubblico, oltre che per i diritti e i beni della vita dei destinatari di esse. I gruppi di interesse, “semplificatori della realtà, filtro umano, non meccanico”, costituiscono gli attori più importanti nella dinamica del potere e possono essere quindi considerati un “fenomeno intimamente connesso allo sviluppo delle democrazie”, riconosciuti come tali anche dalla Corte costituzionale che valuta legittima la loro influenza nel processo decisionale, diretta a migliorare e a rendere più trasparenti le procedure di raccordo degli organi rappresentativi con i soggetti interessati dall’attuazione delle politiche pubbliche. Come la storia insegna, il dibattito intorno agli ordini professionali si è sempre snodato intorno alla funzione di rappresentanza da essi svolta: la loro reintegrazione, avvenuta nel 1944, è stata infatti proprio giustificata alla luce della importanza della funzione rappresentativa di cui questi sono tutt’oggi depositari. In questo scritto, si proverà a verificare in che termini la funzione di rappresentanza venga oggi svolta dagli ordini professionali, soggetti fondamentali del pluralismo contemporaneo.  L’intento è quello di verificare come gli ordini prendano parte ad un processo di decisione in qualità di “soggetti diversi da quelli ai quali [l’] ordinamento attribuisce istituzionalmente la competenza a provvedere e che ordina (organizza) stabilmente per questo scopo”, quali siano i soggetti pubblici con i quali questi dialoghino, cosa preveda, a tal proposito, la normativa e quale sia, sul piano pratico, l’efficacia della rappresentanza da essi attualizzata (se si registrino, cioè, delle distorsioni sul piano esterno e sul piano interno). Per riuscire in questo fine, si è deciso di prendere in considerazione le tre vere professioni ordinistiche: quelle degli avvocati, dei notai e dei medici. Oltre ai Consigli Nazionali Forense e del Notariato, la Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri, le pubbliche autorità -centrali e locali-, i singoli professionisti iscritti agli ordini e le associazioni professionali, sono stati coinvolti e sentiti, per le tre professioni suddette, anche i gli ordini locali: in questo caso, poiché si è scelto di guardare a realtà del nord, del centro e del sud, si sono considerati i Consigli dell’ordine circondariale degli avvocati di Milano, Roma e Cosenza; i Consigli dell’ordine provinciale dei medici di Milano, Roma e Cosenza; i Consigli Notarili di Milano, dei distretti riuniti di Roma, Velletri e Civitavecchia e dei distretti riuniti di Cosenza, Rossano, Castrovillari e Paola. Lo scopo è quello di verificare se vi siano delle distorsioni capaci di inficiare la funzione di rappresentanza svolta dai rappresentanti a livello nazionale. Per riuscirvi, si considererà anche il rapporto sussistente tra ordini locali e singoli professionisti ad essi appartenenti; si terrà conto, quindi, pure, del fenomeno dell’associazionismo. In conclusione, alla luce della indagine condotta, si rifletterà sullo stato di salute della rappresentanza degli ordini professionali in Italia… (segue)



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