
Negli anni recenti la platform economy ha rappresentato, secondo un’espressione usata ormai nel linguaggio corrente, una “innovazione epocale”. Il modello di business centrato sulla piattaforma si è diffuso in molte aree dell’economia. In più l’evoluzione tecnologica ha prodotto una differenziazione tra le varie tecnologie, dalle piattaforme di prima generazione come Google e Yahoo alla creazione dei mercati on line come eBay o Amazon fino alla più recente generazione che ha interessato l’economia dei servizi (da Uber e Lyft a Airbnb a Taskrabbit alle piattaforme di crowdfunding o social lending solo per fare qualche esempio). Le relative imprese si differenziano significativamente in considerazione dei mercati di riferimento, del grado di potere che esercitano all’interno dei rispettivi mercati e dei conseguenti effetti delle loro attività sulla concorrenza. Inoltre, ciò che in particolar modo distingue le piattaforme più recenti dalle altre, è la loro intrinseca capacità di trasformare i mercati, le imprese che producono beni e servizi e le relative transazioni. Le piattaforme non sono soltanto una sfida per i tradizionali modelli di business ma anche per legislatori e regolatori. Infatti il dibattito sulle regole reagisce a quelle ‘minacce’ che hanno ad oggetto il crescente potere delle piattaforme sui mercati, gli effetti sul mercato del lavoro così come la tutela di consumatori e utenti e dei dati che essi forniscono costantemente. La “rivoluzione” delle piattaforme digitali, in particolare di quelle che operano sui mercati dei servizi, è stata definita in vari modi. I nomi più usati soprattutto in una prima fase sono stati sharing economy o P2P economy o on-demand economy. Tuttavia, nessuna di queste definizioni sembra catturare completamente l’essenza del mutamento di paradigma riguardo i modi in cui si produce, si lavora, si consuma, si finanziano attività, e così via. La stessa Commissione Europea nella comunicazione sul mercato unico digitale ha incontrato difficoltà nel definire il termine piattaforma anche se, invece, nel documento che apriva la consultazione sul tema si faceva riferimento alla piattaforma come all’impresa che opera su mercati “bilaterali” o” multilaterali” (two /multi - sided markets) in quanto, grazie alla tecnologia, sono in grado di mettere in contatto un vasto numero di compratori e venditori… (segue)
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