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NUMERO 20 - 30/10/2019

 Le cronache della Brexit: la fase di 'transizione' dell’ordinamento del Regno Unito

Il complesso procedimento di fuoriuscita del Regno Unito dall’UE ha avuto molteplici ricadute sulla Costituzione inglese. Per il vero, era assolutamente scontato che la Brexit avrebbe determinato delle conseguenze di ordine costituzionale sul piano del sistema delle fonti venendo meno, una volta completato il procedimento di abbandono dell’UE da parte del Regno, quella peculiare relazione tra diritto interno e diritto dell’Unione che, culminata nel riconoscimento da parte delle Corti della primazia del diritto europeo, aveva messo a dura prova il principio della sovereignty of Parliament. Al punto che non manca chi sostiene come, a prescindere dalle conseguenze che determinerà la fuoriuscita dall’Unione, “the sovereignty of Parliament has been irretrievably damaged”. E, invero, il principio in parola, pur attraverso diverse sfaccettature e non poche contraddizioni, sembra essere al centro di tutta la saga originata dal procedimento di fuoriuscita del Regno Unito dall’Unione europea. Prima di tutto, perché con il referendum del 2016 la sovranità parlamentare è stata interpretata quale potere nazionale illimitato di prendere decisioni libere da vincoli europei, invero determinando una certa sovrapposizione rispetto al messaggio fatto proprio dalla campagna referendaria secondo il quale la Brexit avrebbe permesso agli elettori di “riprendere il controllo”. Immediatamente dopo la celebrazione del referendum, però, la parliamentary sovereignty è venuta in gioco sotto tutt’altro profilo visto che proprio in nome del principio in parola il Parlamento ha preteso di rivestire un ruolo centrale nel procedimento che avrebbe portato alla fuoriuscita del Regno dall’Unione, sicché questi, da strumento di legittimazione del ricorso alla consultazione referendaria si è tramutato in un limite alla piena e immediata operatività dei risultati di quest’ultima. Si è così profilata una contrapposizione tra democrazia diretta e democrazia rappresentativa, invero su un piano più prettamente politico che giuridico, posto che non era previsto che la consultazione referendaria dovesse avere carattere vincolante. Contrapposizione che, proiettatasi sul versante dei rapporti tra le istituzioni costituzionali del Regno, ha investito il Premier e il Parlamento, con il primo immediatamente fattosi garante del rispetto del risultato referendario in modo da fargli assumere conseguenze propriamente giuridiche ed il secondo teso a far valere un ruolo di centralità in ordine ad una scelta di portata epocale per i futuri assetti politico-economici e ordinamentali del Regno proprio in nome del rispetto del principio della sovranità parlamentare. La necessità della sua garanzia, quindi, da elemento propulsore della Brexit si è trasformata in una delle principali ragioni di rallentamento del procedimento di fuoriuscita di UK dall’Europa. Ma, a prescindere da quelli che saranno gli esiti del procedimento in questione, come si avrà modo di approfondire, è ben possibile che il principio in parola, nonostante la sua forte riaffermazione in sede giudiziaria attraverso le pronunzie c.d.  Miller 1 e Miller 2, subisca una radicale trasformazione in seguito alla fase di transizione del sistema costituzionale inglese apertasi con la Brexit che potrebbe portare anche ad un ripensamento nel Regno del rapporto tra “political constitution” e “legal constitution” e ridimensionare il principio, che è proprio del costituzionalismo politico anglosassone, per cui “under the British constitution, Parliament’s law-making power is not subject to override or nullification by the courts, though it is subject to various political limitations. (Under the British constitution, Parliament’s law-making power is subject to political rather than legal limits.)”. Di questo specifico profilo ci si occuperà alla fine di questo lavoro, solo dopo aver esaminato alcune delle più significative ricadute della Brexit sul versante degli equilibri dei rapporti tra Governo e Parlamento e aver sottolineato come quest’ultima non abbia mancato di mettere in luce anche i limiti di un sistema costituzionale del tutto peculiare come quello del Regno Unito. Quest’ultimo, infatti, non prevede, o forse non prevedeva alla luce del ruolo recentemente assunto dalle Corti, meccanismi di risoluzione delle crisi costituzionali, in quanto fondato da secoli su comportamenti, convenzioni e prassi alle quali gli attori istituzionali si conformano spontaneamente ma che, almeno per il momento, appaiono visibilmente incapaci di consentire al Regno di uscire da una situazione di incertezza che si è visibilmente aggravata dopo la nomina a Premier di Boris Johnson e il confronto “muscolare” che questi ha deciso di ingaggiare con il Parlamento… (segue)



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