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Sebbene nel linguaggio corrente non sia sempre evidenziata – o quanto meno adeguatamente evidenziata – la differenza tra sovranismo e sovranità quasi che l’un termine fosse l’equivalente dell’altro, ad una più ponderata analisi basata su esempi desumibili da realtà contemporanee, emergono differenze tra i due concetti, tali da renderli per diversi aspetti non coincidenti o quanto meno non necessariamente coincidenti. Non occorre spendere molte parole per ricordare che il concetto di sovranità, quale attributo giuridico dello Stato, è stato inteso dalla dottrina classica sia con riferimento all’originarietà dell’ordinamento giuridico statale sia all’indipendenza dello stesso Stato in ambito internazionale, fino all’affermazione del principio democratico della sovranità popolare: una sovranità, quella popolare, che lo stesso popolo esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione assunta pur sempre a “legge fondamentale” dell’ordinamento statale. In altri termini, come ben sottolineato nella nostra dottrina, “la sovranità appartiene al popolo, ma la democrazia è regolata, anche il popolo è esplicitamente regolato perché i costituenti conoscevano benissimo, dopo le dittature del Novecento, i rischi cui esponeva l’invocazione indistinta dei poteri al popolo”. Come del resto nelle varie Costituzioni di stampo democratico successive alla seconda guerra mondiale si “mettono al primo posto gli aspetti procedurali della democrazia facendo riferimento alle forme e ai limiti dell’esercizio della sovranità popolare”. Nell’odierna dottrina, peraltro, tende sempre più a farsi strada il concetto di un “sovranismo”, quale fenomeno che “allude alla sovranità”, pur senza necessariamente implicare l’esaltazione del potere dello Stato, mirando, “in particolare, ad accorciare la distanza tra cittadini e decisori, riducendo le intermediazioni che ostacolano il canale diretto tra popolo e potere, anche e soprattutto nelle fasi del riconoscimento e della revoca del mandato politico”… (segue)
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