
Quando ero adolescente, per arrotondare il bilancio di una famiglia in perpetua ristrettezza economica, e vivendo a Pescara, terra di bagni, trabocchi dannunziani e lidi chilometrici, facevo il bagnino, anzi per la precisione il ragazzo di spiaggia, di fatica insomma, presso lo stabilimento Marechiaro. Il “concessionario” era “Don” Clemente Papa, che tutti chiamavano Mastr ‘Mintine (si noti che nel nobile linguaggio abruzzese quella “e” finale è gutturale, e suona un po’ come lo schwa/ə anglosassone). Era adorabile (botte da orbi se si batteva la fiacca) e ci permetteva di pescare i cannolicchi e le pelose la mattina presto (‘davvero’ presto), e poi venderli — ovviamente crudi, perché all’epoca non c’era la celeste tutela del diritto alimentare, eravamo a rischio terribile ma stranamente, solo per puro caso, non ci si ammalava mai — in vassoi di carta e con spicchi di limone ai centocinquanta o poco più clienti. I soldi restavano a noi ragazzi, e lui rideva sotto i baffi, mentre ci lanciava i suoi soliti urlacci. Con questa e altre meraviglie (pizzette da sballo, e il primo juke box della riviera) Mastr ‘Mintine, come Grazia, Nando e altri numerosissimi concessionari, era ovviamente, anche se non lo sapeva, un microimprenditore, e faceva coscienziosamente il suo lavoro, traendone un reddito dignitoso, di modesta entità. Oggi, davanti alla vasta giurisprudenza iper-liberalizzatrice delle spiagge che devo sempre più controvoglia commentare, mi piace immaginare Mastr ‘Mintine post Bolkestein, con un palmare in mano, a caccia di concessioni a bando europeo da conquistare qua e là per l’Europa, che so, sulle spiagge spagnole, portoghesi, croate, svedesi, tedesche, austriache (???). M’immagino un Mastr ‘Mintine per ogni microspiaggia d’Europa, e, non so perché (anzi lo so bene), mi viene teneramente da sorridere. Dopo la sequenza onirica, ritorno al presente. Sulle spiagge italiane, ma anche su molte spiagge e coste d’Europa, i Mastr ‘Mintine sono ancora tantissimi, l’85 per cento dei concessionari in Italia, e sono microimprese legate indissolubilmente al territorio, per le quali non avrebbe senso l’esistenza di una libertà di stabilimento in qualsiasi altro posto non solo d’Europa, ma forse neppure dell’Italia. Nella maggior parte dei casi, sono pezzi di cultura locale, eccezionalismi territoriali, minuscole unicità socioeconomiche, nanoelementi di storia e tradizione. Nella maggior parte dei casi, non sono banditi che lucrano su canoni irrisori e tariffe da strozzini, ma traggono redditi normali e misurati, con il proprio diretto lavoro, prima come figli dei gestori storici, oggi come gestori essi stessi. Da zero a cento, quanto poteva interessare tutto questo micromondo a Delors mentre scriveva i suoi magnifici Libri Bianchi, o al Signor Bolkestein, mentre si accingeva a dettare la prima stesura della sua Terribile Direttiva?... (segue)
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