
Più che delle conclusioni vere e proprie, vorrei limitarmi a segnalare la questione di fonde che emergoe da un punto sin qui non commentato nelle righe finali della sentenza.
Scrive la Corte in relazione alle città metropolitane e alle province: " il territorio delle prime è stato fatto coincidere con quello delle seconde, senza quindi differenziare le comunità di riferimento secondo opportuni criteri di efficienza e funzionalità.”
In questo passaggio troviamo la questione principale meritevole di commento.
Esso spiega bene il dispositivo della sentenza. Se in realtà le aree metropolitane non sono altro che le vecchie province cambiate di nome non si capisce perché la disciplina elettorale debba differire da quelle altre province. Pertanto dall’incostituzionalità dell’automatismo tra sindaco del capoluogo e sindaco della città metropolitana, che non ha un termine di tempo per un’ovvia prudenza della Corte rispetto a una legislatura ormai indirizzata verso la sua fine naturale, si potrebbe uscire a breve con l’estensione dell’elezione indiretta anche alle cosiddette città metropolitane.
Però la Corte ci vuole spingere soprattutto ad una riflessione di sistema, recuperando il modello originario della legge 142/1990 il cui articolo 17 al comma 1 dava una definizione chiara che comportava logicamente una ridefinizione più stretta dei confini:
“Sono considerate aree metropolitane le zone comprendenti i comuni di Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Roma, Bari, Napoli e gli altri comuni i cui insediamenti abbiano con essi rapporti di stretta integrazione in ordine alle attivita' economiche, ai servizi essenziali alla vita sociale, nonche' alle relazioni culturali e alle caratteristiche territoriali.”
Ora, al netto delle ragioni che fecero escludere la revisione dei confini per far partire la legge Del Rio, la Corte ci ripone il tema di fondo di questo nuovo livello di Governo. Se siamo in grado di riprendere seriamente quell’intuizione avrebbe senso a quel punto ragionare anche sulla figura di un sindaco eletto direttamente. Fino ad allora abbiamo invece province e non città metropolitane, nonostante l’innovazione terminologica. Ora i legislatori e anche i giuristi dovrebbero per quanto possibile evitare di battezzare o di continuare a battezzare la carne come se fosse pesce, come si faceva una volta per aggirare il divieto di mangiare la carne il venerdì, attingendo invece le definizioni lavoro delle altre scienze sociali che si occupano di governo del territorio (economisti, geografi, sociologi , statistici, ecc.). Un bel programma, credo, realisticamente per la prossima legislatura.
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