
La tornata referendaria del 2022 offre diversi spunti di riflessione, evidenziando contestualmente elementi di continuità e qualche significativa novità. In particolare, tornano ad essere oggetto di iniziative referendarie questioni attinenti all’ordinamento giudiziario che, come noto, sono state più volte oggetto di precedenti referendum abrogativi, come la separazione delle funzioni giudicanti e requirenti e il sistema elettorale del CSM. Nel complesso, però, appare sostanzialmente confermata una tendenza già evidenziata da tempo, e cioè la lenta trasformazione del giudizio di ammissibilità dei quesiti referendari in giudizio (anticipato) di legittimità del loro (eventuale) esito abrogativo, con tutte le problematiche del caso. Come noto, infatti, in via generale le due tipologie di controllo sono strutturalmente diverse sotto almeno tre profili: a) natura del giudizio; b) oggetto del giudizio; c) parametro. Dal primo punto di vista, il controllo di ammissibilità delle richieste referendarie appare strutturato come un controllo preventivo, volto a valutare la potenziale incidenza dei quesiti proposti nell’ambito delle materie costituzionalmente escluse dall’art. 75, comma 2, Cost, a prescindere da ogni ulteriore valutazione circa i possibili effetti dell’eventuale abrogazione. Un giudizio, per così dire “in negativo”, volto ad escludere che, da un punto di vista oggettivo, le domande referendarie incidano sui limiti previsti dalla Costituzione. Differente, invece, sembra essere il controllo di legittimità dell’esito referendario, logicamente successivo all’atto abrogativo, e finalizzato ad una valutazione, per così dire, “in positivo” dell’eventuale incoerenza del mutato assetto normativo con il dettato costituzionale… (segue)
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