Pres. C. Contessa, Est. M. A. P. Francola
Omissis (avv. M. Cavallaro e A. Scalcione) c. L’Università degli Studi -omissis-, (Avv. Generale dello Stato) e nei cfr. di omissis, (avv. S. De Santis).
Accesso civico generalizzato – Tutela dei dati personali
La vicenda origina da una istanza di accesso civico generalizzato diretta a conoscere la documentazione concernente una procedura di valutazione comparativa indetta per la copertura di n. 1 posto di ricercatore universitario a tempo indeterminato, poi revocata in ragione della sopravvenuta copertura del pertinente settore scientifico-disciplinare da parte di un professore originariamente assegnato ad altro settore scientifico. L’Università accoglieva in parte l’istanza ad esclusione di un parere del Consiglio Universitario Nazionale (C.U.N), non osteso al fine di tutelare, ai sensi dell’art. 5 bis co. 2 lett. a) d.Lgs. n. 33/2013, le esigenze di riservatezza rappresentate dal professore controinteressato.
In riforma della sentenza di primo grado, il Consiglio di Stato ha giudicato fondata la pretesa ostensiva. Il Collegio ha anzitutto chiarito che non rileva, ai fini del diniego, sostenere che la conoscenza del parere del C.U.N. non sarebbe necessaria ai fini della tutela giurisdizionale delle ragioni dell’istante. L’accesso civico generalizzato, infatti, non richiede la specificazione o titolarità di un precipuo interesse, tanto più di carattere difensivo, non essendo correlato ad alcuna posizione sostanziale legittimante. Né vale sostenere che il contenuto del parere sarebbe stato desumibile dal provvedimento del Rettore, noto all’istante. L’accesso civico generalizzato, infatti, è preordinato a favorire sia forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche, sia la promozione della partecipazione al dibattito pubblico e non può, quindi, ritenersi soddisfatto dal generico richiamo ad un documento non pubblicato contemplato in un documento conosciuto, essendo un istituto tendente a garantire la trasparenza tramite la conoscenza diretta ed, in linea di principio, integrale dei dati e dei documenti detenuti dalla pubblica amministrazione.
Quanto poi ai limiti applicativi dell’accesso civico generalizzato per le ragioni di riservatezza configurabili nella specie, il Collegio ha ritenuto che il controinteressato non potesse patire alcun nocumento ai suoi dati personali dall’ostensione del parere espresso dal C.U.N. Premesso il sicuro interesse pubblico alla conoscenza del predetto parere, poiché attinente alla idoneità o meno di un docente universitario a ottenere l’affidamento di una cattedra in un certo settore disciplinare, anziché in un altro, la sentenza ha chiarito che la valutazione di professionalità di un docente di una pubblica Università, in quanto giudizio espresso sull’espletamento di un’attività di servizio pubblico, è una informazione che esula dalla sfera di riservatezza concernente i dati personali. Il diritto alla riservatezza dei propri dati personali, infatti, tutela la sfera individuale più intima della persona, ma non può estendersi al punto da eludere la conoscenza degli elementi indicativi della qualità di un’attività di pubblico servizio. Secondo il Collegio, la riservatezza non può concepirsi al punto da comprendere anche l’attività esercitata da un pubblico dipendente nel suo complesso considerata, essendo limitata soltanto alla sfera della persona fisica in quanto tale che sia eventualmente coinvolta dall’attività esercitata nella qualità di pubblico dipendente, come ad esempio, nel caso in cui vengano in rilievo questioni concernenti lo stato di salute, le opinioni politiche espresse, le credenze religiose, l’adesione ad associazioni sindacali o dati personali di altro tipo, come per ipotesi, l’indirizzo di residenza.
Al riguardo, occorre notare che l’art. 5 bis co. 2 lett. a) d.Lgs. n. 33/2013 ritiene potenzialmente ostativa all’ostensione dei documenti richiesti “la protezione dei dati personali, in conformità con la disciplina legislativa in materia” e, quindi, soltanto gli elementi concernenti la persona fisica del controinteressato nel senso sopra precisato, ma non anche una valutazione sulla qualità dell’attività di pubblico servizio dal medesimo espletata nell’esercizio delle mansioni di pubblico impiegato. Diversamente opinando, infatti, lo scopo dell’istituto dell’accesso civico generalizzato sarebbe pregiudicato, poiché, essendo l’agire della Pubblica Amministrazione sempre contraddistinto dall’attività di persone fisiche con le quali intercorre un rapporto di pubblico impiego, la riservatezza declinata in senso ampio, vale a dire quale esigenza di non pubblicità di qualsivoglia dato concernente la propria persona, e non in senso stretto, ossia limitata soltanto ai dati personali identificativi o ai dati sensibili o ai dati sensibilissimi, impedirebbe un effettivo controllo sull’operato degli Enti pubblici.
L. DROGHINI