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FOCUS - Osservatorio di Diritto sanitario

 Corte di Cassazione, Sentenza n. 6008/2023, Risarcimento danno biologico per superlavoro del medico: violazione dell’obbligo di sicurezza e riparto dell’onere della prova

 

 

Corte Cass., Sez. Lavoro, 28 febbraio 2023 n. 6008

Pres. Manna, Cons. Rel. Zuliani – P.P. (Avv. Franco Sabatini) c. Azienda Sanitaria Locale “omissis” (Avv. Aldo La Morgia)

 

Dirigenza e professioni sanitarie - Dirigente medico – Risarcimento danno da superlavoro –Onere probatorio tra lavoratore e datore di lavoro –Idoneità dell’allegazione del lavoratore a dimostrare la nocività dell’ambiente di lavoro, fattori di rischio e intollerabilità del carico lavorativo - Inadempimento datoriale dell’obbligo di sicurezza –

 

Il dirigente medico a cui sia stato richiesto un lavoro eccedente la tollerabilità, per eccessiva durata o per eccessiva onerosità dei ritmi, se lamenta un inesatto adempimento altrui rispetto all’obbligo di sicurezza è tenuto ad allegare rigorosamente tale inadempimento, evidenziando i relativi fattori di rischio, spettando invece al datore dimostrare che i carichi di lavoro erano normali, congrui e tollerabili o che ricorreva una diversa causa che rendeva l’accaduto a sé non imputabile.

Nel caso di specie, il dirigente medico aveva impugnato la sentenza di secondo grado (Corte d’Appello di L’Aquila), poi cassata con rinvio dalla Suprema Corte.

Il medico aveva allegato di essere stato sottoposto per molti anni a un superlavoro, ovverosia a turni ed orari particolarmente intensi e prolungati, ben al di sopra della normalità.

La Corte di Cassazione, evidenziando tale elemento, ritenendo di confermare il suo stesso orientamento, ha osservato che il lavoratore a cui sia stato richiesto un lavoro eccedente la tollerabilità, per eccessiva durata o per eccessiva onerosità dei ritmi, lamenta un inesatto adempimento altrui rispetto a tale obbligo di sicurezza, sicché egli è tenuto ad allegare rigorosamente tale inadempimento, evidenziando i relativi fattori di rischio (ad es. modalità qualitative improprie, per ritmi o quantità di produzione insostenibili etc., o secondo misure temporali eccedenti i limiti previsti dalla normativa o comunque in misura irragionevole), spettando invece al datore dimostrare che i carichi di lavoro erano normali, congrui e tollerabili o che ricorreva una diversa causa che rendeva l’accaduto a sé non imputabile.

Peraltro, oltre a non potersi imporre al lavoratore di individuare la violazione di una specifica norma prevenzionistica, ancor meno ciò può essere richiesto quando, adducendo la ricorrenza di prestazioni oltre la tollerabilità, è in sé dedotto un inesatto adempimento all’obbligo di sicurezza, indubbiamente onnicomprensivo e che non necessita di altre specificazioni, pur traducendosi poi esso anche in violazione di disposizioni antinfortunistiche.

Conclude, quindi, la Corte ritenendo che la Corte d’Appello avesse errato nel pretendere dall’attore (e appellante) l’indicazione di «ben determinate norme di sicurezza», essendo idonea e sufficiente a dimostrare la nocività dell’ambiente di lavoro l’allegazione (e la prova) dello svolgimento prolungato di prestazioni eccedenti un normale e tollerabile orario lavorativo.

Infine, è stato ritenuto errato l’inserimento, nella sentenza impugnata, del tema della mancanza di autonomia della ASL nella decisione di assumere altro personale medico, nell’ambito della motivazione sul mancato assolvimento degli oneri di allegazione e di prova gravanti sull’attore. Si tratta, infatti, di circostanza che potrebbe eventualmente rilevare quale «diversa causa che rendeva l’accaduto a sé non imputabile», ovverosia di un aspetto che ricade nell’ambito dell’onere della prova liberatoria gravante sul datore di lavoro convenuto, una volta che il lavoratore abbia provato la nocività delle modalità di svolgimento della prestazione lavorativa e il nesso causale tra quest’ultima e l’evento dannoso.

In tale ottica, ovverosia nell’ambito dell’accertamento sull’allegazione del datore di lavoro di avere fatto «tutto il possibile per evitare il danno», il giudice di merito avrebbe dovuto valutare i limiti all’autonomia dell’ASL nella decisione di assumere altro personale medico, unitamente a tutte le altre circostanze di fatto rilevanti, ivi compreso il ruolo dirigenziale del ricorrente all’interno dell’ASL; fermo restando che il prudente apprezzamento delle prove disponibili non è di per sé sindacabile in sede di legittimità.

F.L. 



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