Dichiarazioni di obiezione/non obiezione di coscienza dell’anno in corso rilasciate dai dipendenti in servizio nelle strutture consultoriali, nei reparti di ostetricia e ginecologia dei presidi ospedalieri e nelle aziende sanitarie rilasciate ai sensi dell’art. 9 della legge 19[4]/7
Parere n. 267 del 22 giugno 2023 - Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza dell’Azienda sanitaria locale Roma 1
Accesso civico - Art. 5, comma 7 del d. lgs. n. 33/2013 - Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza – Asl Roma 1 – Garante – Riservatezza – Dichiarazione di obiezione/non obiezione di coscienza.
Nell’ambito di un procedimento relativo a una richiesta di riesame su un provvedimento di diniego parziale di un’istanza di accesso civico, il Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza dell’Asl Roma 1 chiedeva al Garante il parere previsto dall’art. 5, comma 7del d. lgs. n. 33/2013.
Nello specifico, era stata presentata una richiesta di accesso civico generalizzato ai sensi dell’art. 5, comma 2, del d. lgs. n. 33/2013 avente ad oggetto copia delle dichiarazioni di obiezione/non obiezione di coscienza dell’anno in corso rilasciate dai dipendenti in servizio nelle strutture consultoriali nonché la specificazione delle strutture relative.
Dagli atti risultava che l’Asl negava l’accesso rientrando i dati richiesti nella categoria “dati particolari”.
In tale quadro, il soggetto istante, ritenendo il rifiuto non corretto, presentava una richiesta di riesame al RPCT insistendo nella propria richiesta di accesso civico.
Inoltre, precisava il soggetto istante di non voler ricevere i dati sensibili del personale in servizio, bensì il numero del personale obiettore e non obiettore in servizio con precisa indicazione dei reparti a cui afferiscono.
Il Garante, ha riportato tutta la disciplina prevista nel contesto europeo ritenendo che conformemente agli orientamenti precedenti (cfr. parere contenuto nel provv. n. 6 del 23/1/2020, doc. web n. 9277716), considerando la natura dei dati e delle informazioni personali descritti – che comprendono informazioni riferibili a convinzioni personali, religiose o filosofiche – ribadisce il diniego di accesso civico opposto dall’ASL, in quanto la generale conoscenza delle informazioni descritte può causare ripercussioni negative e un’interferenza ingiustificata e sproporzionata nei diritti e libertà dei soggetti controinteressati, in violazione anche dei principi di «limitazione della finalità» e di «minimizzazione dei dati» (art. 5-bis, comma 2, lett. a, del d. lgs. n. 33/2013; art. 5, par. 1, lett. b e c, del RGPD).
In definitiva, il Garante ha ritenuto che dagli atti non emergono sufficienti elementi che possono consentire di discostarsi dalle valutazioni già effettuate – in base al principio di accountability (art. 5, par. 2, e 24 del RGPD) – dall’Azienda sanitaria, titolare del trattamento, sul rischio di re-identificazione dei soggetti interessati (obiettori e non obiettori di coscienza). Pertanto, considerando che la granularità delle informazioni richieste dal soggetto istante, tenendo anche conto del particolare regime di pubblicità dei dati oggetto di accesso civico, non elimina del tutto la possibilità – come ritenuto dall’ASL – che i soggetti interessati possano essere identificati in via deduttiva, si ritiene che l’ostensione dei dati riferiti ai dirigenti medici e agli esercenti professioni sanitarie non mediche obiettori e non obiettori di coscienza, aggregati secondo i parametri indicati dal soggetto istante nella richiesta di riesame (ossia per ospedale, reparto, consultorio, figura professionale e struttura di afferenza), può arrecare un pregiudizio concreto alla protezione dei dati personali del personale coinvolto, ai sensi dell’art. 5 bis, comma 2, lett. a), del d. lgs. n. 33/2013.