FOCUS - Osservatorio di Diritto sanitario

 Corte Costituzionale, Sentenza n. 195/2024, Sulla costituzionalità del recupero del contributo regionale alla finanza pubblica mediante corrispondente riduzione delle risorse a qualsiasi titolo spettanti a ciascuna regione

 Corte cost., 6 dicembre 2024, n. 195

Pres. A.A. Barbera, Red. L. Antonini

Recupero del mancato contributo regionale alla finanza pubblica – Riduzione delle risorse a qualsiasi titolo spettanti a ciascuna regione – Illegittimità costituzionale – Fondatezza

Con la sentenza n. 195 del 2024 la Corte costituzionale ha affrontato la questione di legittimità promossa dalla Regione Campania con riferimento allart. 1, commi 527 e 577, della legge 30 dicembre 2023, n. 213 sul Bilancio di previsione dello Stato per lanno finanziario 2024 e bilancio pluriennale per il triennio 2024-2026.

Il commento qui offerto si concentra sul tema della spesa sanitaria in rapporto alla modalità di contribuzione regionale alla finanza pubblica, affrontato dalla Corte riguardo, in particolare, alla censura del quinto periodo dell’ art. 1, comma 527, secondo cui «Qualora il versamento […] non sia effettuato entro il termine previsto, il Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato provvede al recupero mediante corrispondente riduzione delle risorse a qualsiasi titolo spettanti a ciascuna regione».

Va premesso che la suddetta previsione si inserisce nell’articolato normativo che stabilisce, anzitutto: «ai fini della tutela dell’unità economica della Repubblica, in considerazione delle esigenze di contenimento della spesa pubblica e nel rispetto dei princìpi di coordinamento della finanza pubblica, nelle more della definizione delle nuove regole della governance economica europea, le regioni a statuto ordinario, per ciascuno degli anni dal 2024 al 2028, assicurano un contributo alla finanza pubblica pari a 350 milioni di euro annui» (art. 1, comma 527, primo periodo); tale contributo è volto a tutelare lunità economica della Repubblica, considerata lesigenza di contenimento della spesa e nel rispetto dei principi di coordinamento di finanza pubblica.

La ricorrente Regione Campania sosteneva che la disposizione contenuta nel quinto periodo sopra richiamato violasse gli artt. 3 e 119 Cost., in quanto avrebbe consentito allo Stato di recuperare limporto del contributo non versato tempestivamente da una regione, «anche riducendo le risorse destinate al finanziamento dei Servizi sanitari regionali», sebbene ciò contrastasse con la norma stessa, laddove stabilisce che, per lipotesi in cui non vi sia accordo sul riparto, questo sia stabilito «in proporzione agli impegni di spesa corrente al netto delle spese relative» al soddisfacimento dei diritti sociali, alle politiche sociali e alle famiglie, nonché alla tutela per la salute (art. 1, comma 527, terzo periodo).

La Corte, in effetti, ha evidenziato che, proprio con la norma impugnata, il legislatore statale avrebbe «inteso perseguire lesigenza di contenimento della spesa pubblica del sottosettore delle amministrazioni regionali limitandosi a determinare limporto complessivo del contributo richiesto alle regioni a statuto ordinario, lasciando alle stesse adeguati margini di autonomia sulle voci di spesa cui applicare risparmi». Condividendo quanto rilevato dalla ricorrente, inoltre, la Corte ha ritenuto che l’interpretazione letterale dell’ultimo periodo censurato si ponga in contraddizione con il terzo periodo che escluderebbe invece la possibilità di ridurre le risorse spettanti per la tutela della salute, in linea con l’idea – in più occasioni affermata proprio dalla giurisprudenza costituzionale – che alle spese destinate alle prestazioni inerenti alla tutela della salute sia «riconosciuta una preferenza qualitativa, idonea a distinguerle da quelle rilevanti ai fini del riparto del contributo».

La Corte ricorda di aver già evidenziato, proprio in ambito sanitario, che «gli interventi finanziari statali […] possono determinare ricadute sull’intensità con la quale le Regioni concorrono ad assicurare la garanzia di alcuni fondamentali diritti, quale quello alla salute» (Corte cost., n.154 del 2017) e che «la dialettica tra Stato e Regioni sul finanziamento dei LEA dovrebbe consistere in un leale confronto sui fabbisogni e sui costi che incidono sulla spesa costituzionalmente necessaria, tenendo conto della disciplina e della dimensione della fiscalità territoriale nonché dell’intreccio di competenze statali e regionali in questo delicato ambito materiale», introducendo così la nozione di spesa costituzionalmente necessaria (Corte cost., n. 169 del 2017; n. 220 del 2021; n. 197 del 2019; n. 87 del 2018). Trattasi, ricorda la sentenza qui commentata, di una nozione «funzionale a evidenziare che in un contesto di risorse scarse, per fare fronte a esigenze di contenimento della spesa pubblica, dettate anche da vincoli euro unitari, devono essere prioritariamente ridotte le spese indistinte, rispetto a quella che si connota come funzionale a garantire il ‘fondamentale’ diritto alla salute di cui allarticolo 32 Cost., che chiama in causa imprescindibili esigenze di tutela anche delle fasce più deboli della popolazione, non in grado di accedere alla spesa sostenuta direttamente dal cittadino, cosiddetta out of pocket». Si comprende allora che nell’affermare «il recupero mediante corrispondente riduzione delle risorse a qualsiasi titolo spettanti a ciascuna regione», la norma assuma carattere intrinsecamente contraddittorio disconoscendo, in contrasto con quanto dalla stessa affermato (terzo periodo), «il carattere differenziato della spesa costituzionalmente necessaria». La Corte afferma perciò che «nemmeno nel caso in cui la regione non abbia versato la propria quota del contributo alla finanza pubblica, lo Stato può ‘rispondere’ tagliando risorse destinate alla spesa costituzionalmente necessaria, tra cui quella sanitaria – già, peraltro, in grave sofferenza per leffetto, come si è visto, delle precedenti stagioni di arditi tagli lineari – dovendo quindi agire su altri versanti che non rivestono il medesimo carattere».

Non a caso la Corte richiama quanto già sostenuto sul rapporto tra garanzia dei diritti e vincoli di bilancio: «[è] la garanzia dei diritti incomprimibili ad incidere su bilancio, e non lequilibrio di questa condizionarne la doverosa erogazione» (Corte cost., n. 275 del 2016); da questo principio deriva, infatti, che tali diritti, in particolare il diritto alla salute, coinvolgendo primarie esigenze della persona umana, non possono essere sacrificati fintanto che esistono risorse che il decisore politico ha la disponibilità di utilizzare per altri impieghi che non rivestono la medesima priorità».

In conclusione, nel dichiarare la fondatezza della questione di legittimità costituzionale riferita al quinto periodo dellart. 1, comma 527, la Corte consolida l’orientamento sopra ricordato, in linea con la prospettiva della doverosità dell’allocazione vincolata delle risorse nella spesa sanitaria.

A. C.



Execution time: 188 ms - Your address is 3.19.188.198
Software Tour Operator