FOCUS - Osservatorio di Diritto sanitario

 Corte di Cassazione, Ordinanza n. 3587/2025, Emotrasfusioni e indennizzo ex l. 210/1992. La verifica presso le autorità amministrative e i profili pubblicistici implicati

Pres. L. Rubino – Est. P. Porreca.

Emotrasfusioni – Sangue infetto - Responsabilità sanitaria Indennizzo ex l. 210/1992 – Risarcimento del danno – Scomputo – Accertamento dell’effettiva percezione dell’indennizzo – Necessario - Potere istruttorio del giudice – Sussiste.

A seguito di trasfusioni di sangue infetto praticate in ospedale nel 1982, una donna si ammalava di epatite C, per l’infezione del virus HCV. Ricevuta una prima diagnosi di epatopatia, nel 1991 le era poi diagnosticata la cirrosi epatica. Presentava quindi la domanda di indennizzo ex l. n. 210 del 1992, ma successivamente moriva. Il marito agiva in giudizio, in qualità di coniuge ed erede della paziente, nei confronti del Ministero della salute, chiedendone la condanna al risarcimento dei danni subiti. La Corte d’appello di Caltanissetta riformava la sentenza del giudice di primo grado, che aveva rigettato la domanda per avvenuta prescrizione, ritenendo, in particolare, che la prescrizione si doveva considerare interrotta con l’invio di alcune raccomandate da parte dell’attore e che non andava decurtato dalle spettanze risarcitorie l’indennizzo di cui alla l. 210/1992, poiché non si era dimostrato né l’effettivo pagamento né che lo stesso fosse determinato nel suo preciso ammontare o determinabile in base a specifici dati, della cui prova è onerata la parte che eccepisce il lucrum. Dunque accoglieva la domanda di risarcimento del danno non patrimoniale. Avverso tale provvedimento il Ministero proponeva ricorso per cassazione.

Tra le censure avanzate, è prospettata la violazione degli artt. 1219 e 2943 c.c., poiché la Corte territoriale avrebbe sbagliato ad escludere la decurtazione dell’indennizzo, ammesso dalla stessa parte istante come richiesto e corrisposto, il tutto senza informarsi presso gli uffici pubblici competenti.

La Cassazione osserva che, nel caso in esame, la corresponsione dell’indennizzo è stata ammessa e, tra l’altro, affermata dall’attore stesso nella raccomandata interruttiva della prescrizione. Riprendendo la giurisprudenza di legittimità, ribadisce che «l'utilizzo del potere di acquisire informazioni presso le competenti articolazioni amministrative non può obliterarsi immotivatamente, perché necessario a "rendere conseguente il rilievo officioso stesso, funzionale, a sua volta, a inibire un'ingiustificata locupletazione altrimenti risultata certa, sia pure non nella sua misura, e come tale non legittimamente validabile, sovrapponendo inammissibilmente l'indennizzo erariale, accertato come erogato, alla statuizione risarcitoria gravante sulla parte pubblica, ovvero alterando la conformazione delle spettanze quale oggettivamente prevista, nell'ipotesi, dall'ordinamento, con profili pubblicistici, così delimitandosi, in questo caso, anche il principio per cui, di regola, l'omesso esercizio del potere di acquisizione informativa in parola non è suscettibile di un sindacato di legittimità" (Cass., 30.1.2024, n. 2840)».

La Cassazione chiarisce che, una volta dimostrata la liquidazione dell’indennizzo – cui si presume segua la percezione dello stesso – «il giudice di merito deve richiedere le necessarie informazioni alle competenti autorità amministrative». La verifica è imposta dai «profili pubblicistici implicati». «La conclusione, che inoltre il giudice di merito potrà trarre anche all'esito dell'esperimento di mezzi istruttori officiosi quali l'interrogatorio libero – aggiunge – è coerente con la compiuta portata del principio di effettività della tutela, da ritenersi esteso anche ai soggetti pubblici che, con fondi comuni, assicurino complessivamente quella ai soggetti pregiudicati». Pertanto, il ricorso è accolto e la sentenza è cassata con rinvio.

S.C.



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