
Pres. Arzillo Est. Carrozzo – Omissis (avv. S. Paddu) – c. Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale (Avvocatura dello Stato)
Visto di ingresso in Italia per cure mediche/cargiver ex art. 36, co. 1, d.lgs. 286/1998 – Diniego Ministero degli Esteri – Domanda di annullamento previa concessione di misure cautelari – Domanda di condanna al rilascio del visto.
Visto di ingresso in Italia per cure mediche/cargiver ex art. 36, co. 1, d.lgs. 286/1998 – Provata necessità della ricorrente di sottoporsi a cure salvavita urgentissime – Provata idoneità del familiare/caregiver a essere donatore compatibile – Diniego Ministero degli Esteri per “incompletezza della documentazione” – Manifesta irragionevolezza e illogicità.
Visto di ingresso in Italia per cure mediche/cargiver ex art. 36, co. 1, d.lgs. 286/1998 – Domanda di condanna al rilascio del visto in sede cautelare – Presupposti della completezza dell’istruttoria e dell’assenza residui margini di discrezionalità – Sussistono – Condanna del Ministero degli Esteri all’immediato rilascio del visto richiesto.
La controversia riguarda la sussistenza o meno dei presupposti per concedere un visto di ingresso in Italia per cure mediche/caregiver (ex art. 36, co. 1, d.lgs. 286/98) funzionale a consentire al fratello della ricorrente, cittadina libica regolarmente residente in Italia, di entrare nel territorio nazionale al fine di contribuire alle cure di quest’ultima, anche mediante campionamento e donazione del midollo spinale, per terapia salvavita da effettuarsi con urgenza entro il mese di febbraio 2025.
Sotto il profilo processuale merita rilevare che il diniego di visto opposto dal Ministero degli Esteri oggetto di impugnazione era basato sostanzialmente, a quanto consta, sull’incompletezza della documentazione sanitaria presentata, e che la ricorrente ne domandava l’annullamento, previa sospensione dell’efficacia, richiedendo altresì la condanna del Ministero al rilascio del visto stesso in proprio favore.
Il Collegio, pronunciandosi in sede cautelare, nel richiamare le relazioni cliniche con cui il medico curante sollecitava la venuta in Italia dei parenti della paziente per campionamento e verifica dell’idoneità al trapianto, precisa che «pare pertanto provata la necessità di -OMISSIS- di sottoporsi a cure salvavita urgentissime (il campionamento doveva essere effettuato già ad ottobre 2024) e pare conseguentemente provata la necessità che anche il fratello -OMISSIS--OMISSIS- si rechi sul suolo nazionale quale “caregiver” al fine di contribuire all’accudimento della sorella malata e -ove possibile- sottoporsi a donazione”. A fronte di una relazione sanitaria di tale tenore, l’ordinanza reputa “manifestamente irragionevole ed illogica la proposizione dell’ambasciata laddove ritiene non provata tale necessità, con locuzione apodittica (“la documentazione sanitaria è incompleta”)”.
Delibando sui profili di fondatezza della domanda cautelare (c.d. fumus boni iuris) il Collegio sgombra anzitutto il campo dalla paventata carenza della documentazione sotto il profilo dell’attestazione della qualità di familiare del ricorrente. Nelle parole del TAR, la qualità di “familiare” del titolare del permesso di soggiorno per cure mediche da parte del caregiver non è un requisito previsto dalla legge dato che tale ruolo potrebbe essere svolto anche da “una persona estranea all’ambito familiare”. La relazione familiare non è infatti indefettibilmente richiesta ai fini del rilascio del visto d’ingresso come “caregiver”, né dall’art. 36 d.lgs. 286/98, né dall’art. 44 d.p.r. 394/99, né dal d.m. n 850 del 2011, All. A, par. 3, ultimo comma. Quanto alla motivazione del diniego basata sulla carenza dei mezzi di sostentamento richiesti dalla legge e di un alloggio idoneo, anch’essa viene ritenuta manifestamente illogica e irragionevole alla luce delle circostanze di fatto comprovate in atti. Da ultimo, in ordine alla valutazione del cd. “rischio migratorio” che avrebbe supportato il diniego della P.A., il Tribunale afferma che nel caso specifico tale valutazione è errata alla luce dei fatti di causa e, comunque, che l’introduzione del supporto logico argomentativo in parola, non contenuto nel diniego di visto impugnato, «costituisce inammissibile motivazione postuma da parte dell’amministrazione».
Quanto al periculum in mora, a una delibazione sommaria (tipica della fase processuale cautelare), il Collegio reputa che, nel bilanciamento degli interessi coinvolti, prevalga quello a scongiurare una lesione del diritto fondamentale della ricorrente alla salute, alle cure ed alla vita ex artt. 2 e 32 Cost..
La pronuncia conclude per l’accoglimento della domanda (avanzata ai sensi degli artt. 34, lett. c,) e 31 co. 3 c.p.a.) di una condanna cd. satisfattiva resa in sede cautelare. In proposito, i giudici specificano, anzitutto, che ricorrono nella specie i presupposti della completezza dell’istruttoria e dell’assenza residui margini di discrezionalità. In particolare, argomenta il TAR, “a fronte di un provvedimento che ha già sondato minuziosamente tutti gli aspetti vincolati e discrezionali della vicenda, seguito da analitica relazione istruttoria, ed a fronte di una altrettanto dettagliata censura, non risulta in concreto alcuno spazio di discrezionalità residua in capo all’Amministrazione, essendo il provvedimento sostanzialmente vincolato dalla presenza dei presupposti sopra indicati”, aggiungendo che “non sono stati rilevati o eccepiti dall’Amministrazione altri possibili profili di ordine pubblico e sicurezza ostativi al rilascio del visto”. Alla luce di tali circostanze di fatto e in considerazione della “evoluzione ordinamentale in materia di giudizio amministrativo all’insegna del principio di effettività delle tutele ex art. 1 c.p.a.” che porta con sé l’introduzione di una tutela cautelare anticipatoria e piena ex art. 55 c.p.a., il Collegio conclusivamente accoglie l’istanza cautelare, sospendendo gli effetti dell’impugnato diniego e ordinando al Ministero degli Esteri l’immediato rilascio del visto richiesto.
F.A.B.