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NUMERO 13 - 27/06/2012

 Intervento di Mario Libertini

La lettura del d.d.l. di riforma costituzionale dà un senso di straniamento: i legislatori stanno a discutere di piccoli aggiustamenti dell’esistente e sembrano inconsapevoli della crisi epocale che investe l’ordine politico nel mondo contemporaneo. Un primo effetto di disagio nasce dalla percezione che ormai, per il legislatore italiano, i testi normativi costituzionali non sono diversi dagli altri: non più disposizioni di principio e regole organizzative nette e lapidarie, ma disposizioni dal contenuto regolamentare complesso, che sempre più assumono quelle caratteristiche di normativa “itinerante”, che un tempo erano proprie delle sole leggi tributarie e previdenziali, ed oggi hanno invaso ogni ramo della legislazione. Anche questo è segno di crisi del potere politico: le costituzioni brevi e rigide sono state strumento di stabilità del potere politico ed anche, con il loro valore simbolico, di coesione sociale. Una costituzione “itinerante”, come rischia di divenire quella italiana, smentisce tale ruolo ed esprime un messaggio di “mercatizzazione” dell’ordine politico. Ma se, per i mercati, il dinamismo e la “distruzione creatrice” sono ragioni di forza, per l’ordine politico non è lo stesso: il rapporto fra elementi di stabilità ed elementi di dinamismo (c.d. riforme) dev’essere invertito... (segue)



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