
Il referendum costituzionale del 20 e 21 settembre è il quarto della storia repubblicana. Nei precedenti tre, gli elettori sono stati chiamati a votare su revisioni costituzionali ampie, proposte dal Governo e approvate dalla sola maggioranza. Invece, in questo caso, la legge di revisione costituzionale nasce da una proposta parlamentare e la sua approvazione è andata oltre il perimetro della maggioranza. Entrambi i punti meritano, tuttavia, qualche precisazione. Infatti, l’iter parlamentare è iniziato, in Senato, sulla base di tre proposte, presentate da Quagliariello (S. 214), Calderoli (S. 515) e Patuanelli (S. 805), tutte per la riduzione a 400 deputati e 200 senatori. Il merito di tali proposte era comunque parte integrante del programma di governo (Conte I), nato dall’accordo tra la Lega e il M5S nel cui ambito si prevedeva, appunto, anche la riduzione del numero dei parlamentari (a 400 deputati e 200 senatori). Alla medesima riduzione aveva fatto pure riferimento, nell’audizione del 12 luglio 2018 di fronte alle Commissioni affari costituzionali delle due Camere, il ministro senza portafoglio per i rapporti con il Parlamento e per la democrazia diretta, Fraccaro, e lo stesso si leggeva nel documento redatto dal Capo del dipartimento per le riforme, Spadacini (Prospettive di riforma costituzionale nella XVIII legislatura)… (segue)
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