
Che il Parlamento, istituzione «complessa, articolata e polifunzionale», sede esclusiva di quella rappresentanza politica nazionale cui sono affidate funzioni fondamentali dotate di «una caratterizzazione tipica ed infungibile», quali quelle di indirizzo e controllo sul governo e di garanzia della Costituzione (ex art. 138), viva da anni in una situazione di difficoltà e debolezza nell’ambito dei rapporti tra le istituzioni è cosa fin troppo nota. Che vi sia un problema grave di rispetto delle forme di esercizio del potere legislativo, «essenziale affinché la legge parlamentare non smarrisca il ruolo di momento di conciliazione, in forma pubblica e democratica, dei diversi princìpi e interessi in gioco», è altrettanto noto: abuso della decretazione d’urgenza; presentazione di maxi-emendamenti alle leggi di conversione, spesso rinforzati dall’apposizione della questione di fiducia; sostanziale elusione dell’istruttoria legislativa in commissione, imposta dall’art. 72 Cost.; uso improprio della delega legislativa; oggi, per fronteggiare la grave emergenza sanitaria, ampia utilizzazione dei cc.dd. d.P.C.M, atti dall’incerta natura giuridica, che accentrano il potere di decisione nelle mani del Presidente del Consiglio dei ministri anche in materie relative a diritti fondamentali, e quindi coperte da riserve di legge assolute. E si potrebbe continuare. Ebbene, di fronte a tutto questo, al cospetto di problemi giganteschi che riguardano il sistema politico-istituzionale e la dinamica della forma di governo, che cosa ci propone il quesito confermativo su cui voteremo il 20 e 21 settembre? Di approvare il “taglio” di 230 deputati e di 115 senatori, portando il numero complessivo degli eletti nelle due Camere dagli attuali 945 a 600. Punto. È una riforma seria questa? Quali sono i suoi presupposti, le sue premesse – per così dire - culturali? E, soprattutto, quali saranno le sue conseguenze? Molto si potrebbe dire, ma mi limiterò ad alcune considerazioni che mi appaiono rilevanti, anche per non ripetere per l’ennesima volta considerazioni ormai fin troppo sentite e lette… (segue)
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