
Si danno a volte questioni dall’oggetto apparentemente circoscritto, seppur di non poco conto, che, per il modo con cui sono risolte, disvelano altre e più generali questioni dapprima rimaste sotto traccia o, diciamo pure, occultate: un po’ come si ha quando dietro una crosta si nasconde un dipinto di valore che viene quindi portato alla luce solo con la rimozione della prima. Per una singolare e – confesso – inspiegabile associazione di idee, proprio questa immagine mi è venuta in mente a prima lettura di Corte cost. n. 33 del 2025 che – come si ha – ha riconosciuto anche al single la facoltà di accedere all’adozione internazionale, nell’assunto che lo stesso componga una “famiglia monoparentale” in seno alla quale al minore può essere assicurato un “foyer stable et harmonieux”. Avverto subito che non mi intratterrò qui specificamente sulla questione di merito, alla quale nondimeno mi trovo ugualmente a dover fare cenno, ritenendo piuttosto opportuno fermare, sia pure con la massima rapidità, l’attenzione sulle altre questioni dalla stessa implicate, di ordine istituzionale l’una e – ciò che maggiormente importa – di teoria della Costituzione l’altra. Si tratta, ad ogni buon conto, di questioni talmente intrecciate tra di loro da rendersi impossibile, inevitabilmente forzosa, la loro separata trattazione. Nulla invece dirò a riguardo dei profili di natura processuale, in ispecie per l’aspetto della problematica ammissibilità della questione di costituzionalità che, in realtà, era già stata portata dallo stesso giudice a quo alla cognizione della Consulta e che viene ora ripresentata, per un verso, evocando in campo anche l’art. 2 della Carta e, per un altro verso, facendo luogo a “richiami più puntuali alla giurisprudenza della Corte EDU, con un approfondimento delle ragioni di contrasto delle norme nazionali con la fonte convenzionale” Faccio solo notare di sfuggita che, se per il primo aspetto un quid novi si rinviene nell’atto di apertura del giudizio di costituzionalità, per il secondo aspetto l’argomento addotto dalla Corte non parrebbe essere irresistibile, sol che si convenga che non basta produrre un maggiore sforzo argomentativo in relazione ai medesimi termini costitutivi della questione per rendere quest’ultima autenticamente “nuova” quoad obiectum. D’altro canto, se l’autorità remittente, dopo aver chiamato in campo, si avvede che avrebbe potuto impostare meglio la questione – come suol dirsi – imputet sibi, altrimenti potrebbe assistersi ad un ping pong senza fine dalla stessa autorità giocato con la Consulta. Ad ogni buon conto, il dato maggiormente saliente, che balza subito agli occhi con particolare evidenza, è costituito dal riconoscimento, fatto in partenza, secondo cui anche la persona uti singula risulti idonea a comporre una famiglia, nell’accezione sua ristretta e propria, costituzionale appunto: una famiglia – come dice la Corte – “monoparentale”... (segue)
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