editoriale di Tommaso Edoardo Frosini
I confini costituzionali del Csm e la riforma del sistema giustizia
Il Consiglio superiore della magistratura torna protagonista sulla scena istituzionale. E lo fa predisponendo e approvando (a maggioranza) un parere, non richiesto, su una norma di legge in materia processuale penale (la cd. “blocca processi”), che è all’esame del Parlamento: esercitando così una funzione consultiva, che costituzionalmente non gli compete. Se la esercita, a dispetto della lettera della Costituzione, è perché vorrebbe assumere un ruolo di organo di indirizzo politico giudiziario, che è in contrasto con il disegno e l’assetto costituzionale. Con l’aggravante, che nel parere reso “d’autorità” si esprime una valutazione sulla costituzionalità della norma, quasi il Csm si volesse così sostituire al sindacato della Corte costituzionale… oltreché mancare di correttezza costituzionale nei riguardi del suo Presidente – che è il Presidente della Repubblica – il quale, come noto, esercita un primo vaglio di costituzionalità in funzione della firma che egli deve apporre per la promulgazione della legge.
C’è da dire, che i pareri, ammesso e non concesso che il Csm li possa comunque dare anche allorquando non siano stati espressamente richiesti, li può esprimere, come ha di recente ricordato il Presidente della Repubblica (nella lettera inviata al vicepresidente del Csm il 1°luglio 2008), nei riguardi dei disegni di legge “concernenti l’ordinamento giudiziario, l’amministrazione della giustizia e ogni altro oggetto comunque attinente alle predette materie”. Mentre – ha sottolineato ancora il Capo dello Stato – “non può esservi dubbio od equivoco sul fatto che al Csm non spetti in alcun modo quel vaglio di costituzionalità cui, com’è noto, nel nostro ordinamento sono legittimate altre istituzioni”. Ineccepibile.
(segue)
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