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NUMERO 14 - 11/07/2012

La dimensione europea delle fonti del diritto

Ormai 20 anni fa, in un sistema comunitario ancora a 12 Stati, senza moneta unica e con l’Unione europea in fase di costituzione, pur in mancanza di un appiglio esplicito nella Costituzione italiana sulla primautè, Alberto Predieri già riteneva che una parte molto ampia delle nostre fonti del diritto, stimato all’incirca al 70%, fosse comunque vincolato agli atti di discendenza europea(Predieri, Una legge comunitaria nello stato prefederati­vo, Prefazione a Morisi, L’attuazione delle direttive CE, Milano, 1992, XIV ss.). E’ allora mai possibile ragionare oggi di fonti del diritto senza un approccio a dimensione europea? Domanda inutile, essendo scontata la risposta. Il diritto dell’Unione Europea ha comportato effetti dirompenti sull’ordinamento italiano, dando vita a tutta una serie impressionante di modifiche tacite alla Costituzione: alla cittadinanza italiana si è affiancata la cittadinanza comunitaria; i diritti civili vanno letti alla luce di quelli comunitari, elencati nella Carta di Nizza; le libertà economiche sono state profondamente influenzate dai principi comunitari, tanto che alcune norme costituzionali sono ormai del tutto inoperative (si pensi all’art. 43 Cost. sui monopoli e sulle nazionalizzazioni); il sistema della banca centrale europea e soprattutto la creazione dell’euro quale moneta unica hanno di molto inciso sulle prerogative della Banca d’Italia e, più in generale, sui poteri di gestione dell’economia nazionale; le giurisdizioni nazionali sono vincolate dal rispetto delle norme dell’Unione europea, prima ancora che di quelle nazionali, con facoltà – e talora obbligo – di adire la Corte di giustizia sulle vertenze che riguardano i sempre più ampi ambiti di applicazione del diritto comunitario; il controllo sulle leggi non è più accentrato nella sola Corte costituzionale, dato il potere diffuso di disapplicare le leggi contrastanti con il diritto comunitario. In questo quadro, il fatto che le fonti del diritto (sia statali sia regionali) abbiamo perso la loro primarietà, in quanto condizionate, ed anzi subordinate, rispetto alle fonti comunitarie, rappresenta soltanto un tassello di una più generale modificazione non solo della forma di governo, ma della stessa forma di Stato italiana (che richiede apposite modifiche della Costituzione). Per ragionare di dimensione europea delle fonti, non penso che sia il caso di ripercorrere ancora le classiche questioni della disapplicazione/non applicazione, dei contro-limiti, delle modalità di recepimento delle direttive, del ruolo delle Regioni, del deficit democratico, del dibattito tra monismo e dualismo, dei tentativi di recupero dogmatico tra tipicità e atipicità e tra fonti attizie e fattizie, della moltiplicazione e sotto-ripartizione del rango costituzionale... (segue)



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