
Negli anni alle nostre spalle - in cui il riferimento all’Europa è per molti versi divenuto sinonimo di politiche di austerità - ci siamo a volte dimenticati quanto la coesione sia valore cardine dell'ordinamento europeo. Eppure bastano pochi richiami normativi ad averne la piena conferma. Il termine “coesione” compare subito, già nel preambolo del Trattato sull'Unione, mentre in quello sul suo funzionamento vi è un riferimento alla ‘sollecitudine’ degli Stati membri nel “rafforzare l'unità delle loro economie e di assicurarne lo sviluppo armonioso, riducendo le disparità fra le diverse regioni e il ritardo di quelle meno favorite”. Una indicazione successivamente rafforzata con le norme contenute nel Titolo XVIII – artt. 174 e ss. – in cui la coesione si delinea come elemento in qualche modo ‘ordinatore’ per la politica economica degli Stati e della Commissione. Con gli Stati che conducono la loro politica economica e la coordinano anche al fine di raggiungere gli obiettivi di coesione e con la Commissione che elabora e implementa politiche comuni e dà attuazione al mercato interno tenendone conto e contribuendo alla loro realizzazione. Sempre in quel titolo (all’art. 175) sono individuati come strumenti centrali in quest’azione i Fondi strutturali e la Banca europea per gli investimenti, anch’essa chiamata a contribuire al raggiungimento di uno “sviluppo equilibrato e senza scosse” (art. 308). Particolarmente significative sono, poi, le norme del Protocollo ad essa dedicato, il n. 28, in cui la coesione è considerata “di vitale importanza per il pieno sviluppo e il durevole successo dell'Unione”. Termini che indicano un nesso molto chiaro e centrale nella costruzione europea: quello tra rafforzamento della coesione e pieno sviluppo e durevole successo dell’Unione. È, dunque, solo lo sviluppo armonioso a poterne garantire la durata... (segue)
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