
Il drammatico ritorno di una guerra di portata così ampia in Europa ha repentinamente pervaso il nostro quotidiano. Lo sgomento, l’orrore per quanto sta accadendo e l’angoscia per quello che ancora potrebbe succedere, inevitabilmente, polarizzano la nostra attenzione. Molte questioni di cui ci si preoccupava in precedenza – perfino la pur persistente pandemia – sembrano diventate secondarie di fronte alle priorità più immediate. Se rivolgiamo lo sguardo all’Unione Europea, appare evidente come le attuali urgenze focalizzino l’ambito delle politiche estera e di sicurezza, con un netto prevalere di discussioni sul potenziamento della capacità di difesa. Subito dopo, ci sono i timori per la vulnerabilità rispetto alle forniture di materie prime essenziali di cui siamo importatori netti dai belligeranti, Russia e Ucraina: ne discende l’imperativo di rivedere, in tempi spediti, svariati assetti della politica agricola comune (Pac) e di dotarsi di una seria politica per l’energia. È comprensibile che si reagisca così. Del resto, a torto, per decenni si sono trascurati i pesanti rischi di una dipendenza dall’esterno per i fattori base della produzione energetica e si sono progressivamente ridotti i fondi della Pac, affidandosi ai mercati internazionali e ai loro prezzi più bassi, per acquistare derrate agricole di vasto impiego per coltivazioni, industria e settore alimentare. Non possiamo negare che sia corretto, oltre che istintivo, voler agire rapidamente su questi versanti… (segue)
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