I primi due mesi trascorsi da Javier Milei alla presidenza dell’Argentina si sono rivelati conformi alle attese generate dalla sua elezione: il nuovo Presidente ha presentato una serie di misure normative e di proposte di legge corrispondenti al programma di riforme in senso radicalmente liberista sul quale è stato eletto. Ma a 60 giorni dal suo ingresso alla Casa Rosada non poche di quelle misure hanno incontrato ostacoli per ora insormontabili, dato che dei due principali atti in cui il programma di Milei ha preso corpo – rispettivamente un decreto-legge e un progetto di legge – il primo è stato parzialmente sospeso dalla giustizia del lavoro e il secondo non ha per ora ottenuto il via libera dal Congresso argentino. Pur nella prudenza richiesta da un fenomeno per vari aspetti del tutto nuovo e dal breve periodo trascorso dall’inizio dell’attuale presidenza, è dunque possibile un primo – assai provvisorio e problematico – bilancio su quello che (assieme al presidente del Salvador, Najib Bukele, appena rieletto per un secondo mandato) può essere ritenuto l’ultimo prodotto di quell’inesauribile supermercato del populismo che è la politica latino-americana. E ciò nella consapevolezza – comune ormai ai principali osservatori delle dinamiche del populismo contemporaneo – che quest’ultimo, lungi dall’essere un fenomeno transitorio, relegato alla periferia delle democrazie pluraliste, è ormai, da quasi un ventennio, una realtà ben impiantata nei principali sistemi democratici (inclusi quelli consolidati) e destinata probabilmente a restarvi nell’immediato futuro… (segue)
Le elezioni messicane del 2 giugno 2024: consolidamento della democrazia pluralistica o anteprima dell'erosione democratica?
Marco Olivetti (26/06/2024)