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FOCUS - America Latina N. 1 - 18/12/2015

 'Condizionalità' internazionale e gestione delle crisi dei debiti sovrani

La crisi finanziaria internazionale, che ha seguito la bancarotta dell’istituto di credito americano “Lehman Brothers” nel settembre 2008 e il successivo fenomeno dei prestiti subprime negli Stati Uniti d’America, ancora non è terminata. Basti pensare alle turbolenze e ai segnali di indebolimento che colpiscono, ancora in questo periodo, le grandi economie emergenti che negli ultimi anni hanno trainato la crescita mondiale (in primo luogo la Cina). In Europa, la crisi ha richiesto una serie di significative modifiche del processo di regolazione e di controllo delle finanze pubbliche, realizzata attraverso l’adozione di regole più restrittive per le politiche economiche nazionali, come fin da subito è stato osservato. Al fine di comprendere le questioni critiche e gli effetti prodotti, occorre una preliminare disamina della normativa europea in materia di politica economica e monetaria. Come è noto, il Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE), nell’incorporare e riprodurre il contenuto del vecchio Trattato della Comunità Europea (TCE), contiene le linee essenziali di un sistema di regole, articolato su tre livelli gerarchici. Sul primo livello, quello pattizio, le norme di riferimento in materia di politica economica si rinvengono proprio nelle disposizioni del TFUE e, in particolare, negli artt. 120-126 (Titolo VIII, Capo I “Politica economica”) e 136 TFUE (il regime speciale per l’Eurogruppo), nonché dal Protocollo n. 12 del Trattato di Lisbona (contenente le disposizioni di dettaglio sulla procedura per disavanzi eccessivi). Quanto al primo gruppo di disposizioni, il TFUE sancisce innanzitutto, sul piano sostanziale, una serie di regole volte ad affermare il principio della responsabilità esclusiva del singolo Stato per le proprie scelte di politica economica, impedendo che gli effetti delle proprie decisioni di bilancio condizionino anche gli altri Paesi membri, in termini di aumento del costo del debito o dell’inflazione a carico degli altri Stati. A riprova di quanto appena detto, è sufficiente ricordare che uno dei principi fondamentali dell’unione monetaria è costituito dal c.d. divieto di bail out: in base a questo principio, «l’Unione non risponde né si fa carico degli impegni assunti dalle amministrazioni statali, dagli enti regionali, locali, o altri enti pubblici, da altri organismi di diritto pubblico o da imprese pubbliche di qualsiasi Stato membro», dal momento che sia la stessa Unione, sia i singoli Stati membri «non sono responsabili né subentrano agli impegni dell’amministrazione statale, degli enti regionali, locali o degli enti pubblici, di altri organismi di diritto pubblico o di imprese pubbliche di un altro Stato membro». Accanto ad esso, sono inoltre previsti i divieti di accesso privilegiato del settore pubblico alle istituzioni finanziarie e di disavanzi pubblici eccessivi. Tuttavia, poiché in una zona a moneta unica il moral-hazard dei singoli Stati membri (vale a dire l’adozione di politiche di bilancio che possano minacciare la stabilità dell’euro, a causa, ad esempio, del rischio default del singolo Stato) non può non avere conseguenze su tutti i soggetti che fanno parte del sistema, l’art. 121 TFUE dispone che gli stessi Stati membri «considerano le loro politiche economiche una questione di interesse comune e le coordinano nell’ambito del Consiglio, conformemente alle disposizioni dell’articolo 120». Quest’ultimo, a sua volta, prevede che gli «Stati membri attuano la loro politica economica allo scopo di contribuire alla realizzazione degli obiettivi dell’Unione definiti all’articolo 3 del trattato sull’Unione europea e nel contesto degli indirizzi di massima di cui all’articolo 121, paragrafo 2». Il principio della responsabilità esclusiva e il conseguente divieto di moral-hazard sono supportati da una serie di regole a carattere “preventivo” (sorveglianza multilaterale, basata su indirizzi di massima e raccomandazioni) e da meccanismi di tipo “correttivo” (procedura per disavanzi eccessivi, fondata su raccomandazioni che possono essere seguite da decisioni sanzionatorie, come l’obbligo di depositi infruttiferi e la successiva trasformazione di questi ultimi in ammende), dove peraltro arbitri sono la Commissione in fase propulsiva e gli stessi Governi all’interno del Consiglio (peer-procedure) in fase decisionale, con esclusione del sindacato della Corte di Giustizia secondo il rito della “procedura d’infrazione” di obblighi comunitari... (segue)



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