
Ordinanza del 15 gennaio 2025 della Corte dei conti nel giudizio di parificazione del rendiconto generale della Regione Umbria per l’esercizio finanziario 2023
Atto di promovimento 15 gennaio 2025, n. 31,
in (GU 1a Serie Speciale - Corte Costituzionale n. 9 del 26-2-2025)
Con l’ordinanza in titolo la Sezione regionale di controllo della Corte dei conti dell’Umbria ha sollevato questione di legittimità costituzionale. Nelle parole dell’ordinanza, “si prospetta la violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera m), che riserva alla competenza legislativa esclusiva dello Stato la «determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali» – tra i quali è da annoverarsi il diritto alla salute, tutelato dall’art. 32 Cost. – «che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale», anch’essa, peraltro, da correlarsi alle disposizioni del decreto legislativo n. 118/2011, in particolare l’art. 20, che, attraverso regole di trasparenza, esprimono e impongono un vincolo tra risorse e finalità da perseguire quale modalità contabile finalizzata alla effettività del finanziamento ed alla conseguente garanzia dei LEA; la destinazione a generico favore del funzionamento dell’A.R.P.A. di risorse del perimetro sanitario è, in ultima analisi, suscettibile di pregiudicare l’effettiva erogazione dei LEA, minando la stessa tutela del diritto alla salute (fondamentale, come di recente ribadito dalla Corte costituzionale con sentenza n. 195/2024), distraendo ad altri fini risorse destinate alla sua garanzia. Si ritiene, poi, concretizzata la violazione degli articoli 81, 97, primo comma, e 119, primo comma, Cost, posti a garanzia dell’equilibrio di bilancio e della sostenibilità della spesa, dato l’ampliamente della capacità di spesa ordinaria, che deriva dall’aver destinato risorse riservate ai LEA a finalità estranee al perimetro, che la regione avrebbe dovuto soddisfare attraverso risorse ordinarie di bilancio” (punto 10 del Considerato in diritto).
L’antefatto è costituito dalla normativa della Regione in questione, in base al quale, nelle parole dell’ordinanza (punto 9 del Considerato in diritto), “dalla ricostruzione del quadro normativo deriva, pertanto, che, attraverso quanto disposto dall’art. 16 della legge regionale umbra n. 9/1998 — nella formulazione antecedente alle recenti modifiche apportate con legge regionale n. 12/2024 — il legislatore regionale abbia delineato le modalità di finanziamento della A.R.P.A. umbra consentendo, in particolare, un trasferimento di risorse del fondo sanitario indistinto — «in attesa della determinazione da parte dello Stato della quota del fondo sanitario nazionale da destinare al finanziamento delle agenzie regionali per la protezione” ambientale» (così art. 16, comma 1) – volte indistintamente a sostenere gli «oneri derivanti dall’attuazione della presente legge», e, pertanto, genericamente tutti i compiti assegnati all’Agenzia; ciò (i) istituendo il capitolo 2490 nella parte spesa del bilancio regionale e (ii) iscrivendovi risorse, quantificate per l’esercizio in corso, reperite attraverso la pari riduzione degli importi assegnati al capitolo del bilancio regionale relativo al fondo sanitario nazionale. Tale meccanismo ha trovato conferma attraverso l’applicazione della citata disposizione nei successivi esercizi, ivi compreso l’esercizio 2023, in ragione delle previsioni autorizzatorie contenute nella legge di bilancio di previsione (per l’esercizio d’interesse, art. 1, legge regionale 21 dicembre 2022, n. 18) e, conseguentemente, delle specifiche indicazioni contenute nel correlato bilancio finanziario gestionale di previsione adottato ai sensi dell’art. 39, comma 10, del decreto legislativo n. 118/2011 (nella fattispecie, D.G.R. n. 1351 del 21 dicembre 2022)”.
a) L’iter logico del ricorso
Si osserva al riguardo che il ricorso coglie tutti i vizi di legittimità costituzionale, anche se dedica gran parte delle considerazioni in riferimento alla denunciata violazione dell’art. 117 Cost. per i vari aspetti descritti, soprattutto in riferimento al decreto legislativo n. 118 del 2011, considerato “parametro interposto”. Ciò nondimeno sussistono profili su cui vanno effettuate delle riflessioni.
Va osservato anzitutto, in linea generale, che la priorità logica ed argomentativa per queste fattispecie sia da attribuirsi alla violazione della norma sulla copertura finanziaria di cui al terzo comma dell’art. 81 Cost., da cui successivamente discendono quelle di cui all’art. 97, primo comma, e 119, primo comma, Cost., argomenti sui quali il ricorso avrebbe dovuto soffermarsi con particolare dovizia di dettaglio, anziché appuntarsi quasi esclusivamente sui profili di cui al richiamato art. 117 Cost.
Per questo modo di procedere sussiste però una rilevante attenuante, costituita dalla giurisprudenza costituzionale in materia, la quale, a partire dalla novella costituzionale del 2012, ha ritenuto prioritari i profili dell’armonizzazione dei bilanci e del coordinamento della finanza pubblica (art. 117 Cost.), senza avvedersi invece che l’ordine logico avrebbe imposto di partire dalla norma di copertura, da cui deriva un aggravio dei saldi ed inoltre il mancato o insufficiente concorso delle regioni al raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica (rispettivamente, artt. 81, 97, 119 Cost.).
b) In particolare, gli aspetti relativi all’art. 117 Cost.
Ciò osservato in via preliminare, quanto più precipuamente ai profili di cui all’art. 117, secondo comma, lettere e) e m), Cost., la Sezione rimettente recepisce in modo pedissequo il ragionamento sotteso alla sentenza n. 1 del 2024 della Corte costituzionale (peraltro, richiamata dell’ordinanza di rimessione), secondo cui le disposizioni regionali di cui all’art. 16, comma 1, della legge reginale Umbria n. 9 del 1998, nel testo antecedente alle modifiche apportate dalla legge della medesima Regione n. 12 del 2024 nonché l’art. 1 della l.r. Umbria n. 18 del 2022, confliggerebbero con la norma interposta di cui all’art. 20 del d.lgs. n. 118 del 2011.
In sostanza, dette disposizioni regionali si porrebbero in contrasto con la disposizione citata che impone “un’esatta perimetrazione delle entrate e delle uscite relative, al fine di consentire la confrontabilità immediata fra le entrate e le spese sanitarie iscritte nel bilancio regionale e le risorse indicate negli atti di determinazione del fabbisogno sanitario regionale standard e di individuazione delle correlate fonti di finanziamento, nonché un'agevole verifica delle ulteriori risorse rese disponibili dalle regioni per il finanziamento del medesimo servizio sanitario regionale per l'esercizio in corso”.
Si tratta, dunque, di un’asettica trasposizione del ragionamento sotteso alla citata sentenza n. 1 del 2024 della Corte costituzionale (peraltro, riferito a una fattispecie non sovrapponibile a quella all’esame) che si risolve, in sostanza, in un mero automatismo tra distoglimento di risorse ai LEA e violazione delle disposizioni costituzionali, in primis di quelle dell’armonizzazione dei bilanci.
Sennonché, per un verso, la Sezione rimettente prende atto che, sia pure “in minima parte”, le funzioni spettanti all’ARPA sono riconducibili a funzioni strictu sensu sanitarie, e, ciò nonostante, dette norme regionali, comunque, per il solo (asserito) mancato rispetto della norma armonizzata di trasparenza di confrontabilità immediata fra le entrate e le spese sanitarie iscritte nel bilancio regionale e le risorse indicate negli atti di determinazione del fabbisogno sanitario regionale standard e di individuazione delle correlate fonti di finanziamento, pregiudicherebbero l’effettiva erogazione dei LEA minando la stessa tutela della salute […], distraendo ad altri fini risorse destinate alla sua garanzia”.
Tanto premesso, acclarato, come affermato dalla stessa Sezione rimettente nell’ordinanza, l’effettivo svolgimento da parte dell’ARPA Umbria anche di attività correlate all’erogazione dei LEA, non si comprende: a) perché sarebbe incostituzionale, secondo la prospettazione della Corte dei conti Umbria, l’art. 16, comma 1, della l.r. Umbria n. 9 del 1998 nel testo antecedente alle modifiche apportate dalla legge n. 12 del 2024, laddove la norma originaria prevedeva al comma 2 che “[u]lteriori risorse del bilancio regionale determinate dalla Giunta regionale e provenienti da ecotasse, nonché da fondi comunitari e statali, sono assegnate all'A.R.P.A. per lo svolgimento di specifiche attività di competenza”, potendosi e dovendosi intendere la norma come riferita alle attività di effettiva erogazione dei LEA (sicché un’eventuale censura avrebbe potuto riguardare in sede di parificazione del rendiconto l’impiego, in concreto, di risorse per finalità diverse da quelle sanitarie); b) perché analoga censura non è stata estesa alle modifiche apportate, al citato art. 16, con la l.r. Umbria n. 12 del 2024, secondo cui: “2. La Regione è altresì autorizzata a conferire all'A.R.P.A. ulteriori risorse, nell'ambito della vigente legislazione regionale, per lo svolgimento di attività e/o progetti specifici.” (che sembra di tenore non dissimile rispetto a quella censurata).
Ulteriore problematica di cui dovrebbe farsi carico, questa volta, la Corte costituzionale, nel caso di accoglimento della questione, riguarda i riflessi della pronuncia di caducazione delle disposizioni regionali con riferimento agli esercizi pregressi al 2023, per i quali la Sezione regionale aveva parificato il rendiconto regionale, e cioè per egli esercizi dal 1998 al 2022, in quanto, per i conti oggetto di vaglio in sede di parifica nel periodo antecedente al 2023, i rapporti sottesi a quelle disposizioni sembrano doversi ritenere definitivamente esauriti, con conseguente irretrattabilità delle spese oramai effettuate e delle posizioni intersoggettive ad esse sottese.
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