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di Marco Lipari
La translatio del processo nel disegno di legge governativo approvato dalla Camera dei Deputati (AS-1082): certezze e dubbi
Lo scorso 2 ottobre la Camera dei Deputati ha approvato il disegno di legge n. 1441-bis, recante “Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, nonché in materia di processo civile”.
Lo schema, che al Senato reca il numero AS-1082, contiene, all’articolo 38, la disciplina della “translatio” del processo, conseguente alla pronuncia declinatoria della giurisdizione, davanti al giudice effettivamente munito della potestas iudicandi.
La previsione intende attuare puntualmente l’obbligo imposto al legislatore dalla pronuncia
n. 77/2007 della Corte costituzionale. Con tale sentenza, la Corte aveva dichiarato l’illegittimità costituzionale delle disposizioni che impediscono l’ingresso dell’istituto della
translatio del processo nel nostro ordinamento e, segnatamente, dell’articolo 30 della legge 6 dicembre 1971 n. 1034,
nella parte in cui non prevede la conservazione degli effetti, sostanziali e processuali, della domanda nel processo proseguito, a seguito di declinatoria di giurisdizione, davanti al giudice munito di giurisdizione.
La pronuncia n. 77/2007 aveva affermato, espressamente, di limitarsi alla declaratoria di illegittimità costituzionale della norma denunciata, senza introdurre alcuna specifica “addizione” alle disposizioni vigenti, per “
rispetto dei confini del proprio ruolo nell’ordinamento”, forse anche allo scopo di prendere nettamente le distanze dalla “fuga in avanti” delle Sezioni Unite della Cassazione, rappresentata dalla
sentenza n. 4109/2007.
Quindi, al punto 8, la Corte costituzionale aveva definito le coordinate entro cui dovrà muoversi il futuro legislatore, statuendo che: “Nel rispetto di tali limiti costituzionali, il legislatore ordinario - ferma l'esigenza di disporre che ogni giudice, nel declinare la propria giurisdizione, deve indicare quello che, a suo avviso, ne è munito - è libero di disciplinare nel modo ritenuto più opportuno il meccanismo della riassunzione (forma dell'atto, termine di decadenza, modalità di notifica e/o di deposito, eventuale integrazione del contributo unificato, ecc.) sulla base di una scelta di fondo a lui soltanto demandata: stabilire, cioè, se mantenere in vita il principio per cui ogni giudice è giudice della propria giurisdizione ovvero adottare l'opposto principio seguito dal codice di procedura civile (art. 44) per la competenza.”
(segue)
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