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FOCUS - Fonti del diritto N. 3 - 09/02/2018

 La legislazione parlamentare e l'attività consultiva del Comitato per la legislazione

Con molta franchezza, devo confessare che, nel momento in cui ho cominciato a dedicarmi alla preparazione di questa relazione, sono stato assalito da un sentimento di profonda preoccupazione, che ha finito per ingenerare in me il dubbio di aver accolto con un eccesso di disinvoltura l’invito della Professoressa Calvano a svolgerla. La ragione è presto detta.  Dovendomi io occupare dell’attività consultiva del Comitato per la legislazione avente riguardo alla legge formale in un seminario di studi che vede presenti una relazione dedicata alla decretazione d’urgenza, una alla legislazione delegata e un’altra al rapporto fra legge ordinaria e fonti secondarie, con particolare riferimento ai processi di delegificazione, ho ben presto preso consapevolezza del rischio di trattare di un tema pressoché privo di oggetto, in quanto fondamentalmente assorbito da quello proprio degli altri interventi. Quello compiuto dal Comitato, infatti, è sì uno screening sulla legge formale, che tuttavia si concentra quasi esclusivamente su tipologie legislative in viario modo riconducibili alla species della – per dir così – legge “funzionalizzata” alla altrui produzione del diritto oggettivo: non la legge fonte di disciplina per la regolazione di ambiti di rapporti (di materie), ma la legge finalizzata alla regolazione dei processi normativi alieni. E l’alieno, nel nostro caso, è quasi indefettibilmente lo stesso: il Governo. A comportare una simile perimetrazione non sono tanto i criteri di scrutinio alla cui stregua va svolto l’esame del Comitato, giacché se è vero che si tratta talora di parametri mirati – si pensi al controllo in tema di rispetto delle «regole sulla specificità e omogeneità e sui limiti di contenuto dei decreti-legge, previste dalla vigente legislazione», di cui all’art. 96 bis, comma primo, RC – non mancano canoni valutativi in sé applicabili alla legislazione tout-court – il riferimento è alla normativa base dell’art. 16 bis, che assegna in via generale al Comitato il controllo «sulla qualità dei testi, con riguardo alla loro omogeneità, alla semplicità, chiarezza e proprietà della loro formulazione, nonché all'efficacia di essi per la semplificazione e il riordinamento della legislazione vigente» (commi quarto e sei bis). Ad incidere, piuttosto, è il meccanismo di attivazione dell’intervento del Comitato, nella sua duplice versione obbligatoria e opzionale. Ai sensi di quanto rispettivamente previsto dagli artt. 16 bis e 96 bis R. C., l’esame del Comitato è necessario per «i progetti di legge recanti norme di delegazione legislativa o disposizioni volte a trasferire alla potestà regolamentare del Governo o di altri soggetti materie già disciplinate con legge» e per i disegni di legge di conversione dei decreti-legge; mentre in tutte le altre ipotesi è facoltativo ed interviene su richiesta della Commissione cui la proposta di legge risulti assegnata, su iniziativa di almeno un quinto dei componenti della Commissione medesima. È evidente che il doppio regime costituisca di per sé un fattore decisivo nel favorire la concentrazione dell’azione del Comitato sulle tipologie legislative “obbligate”, cui peraltro si accompagna nella prassi una tendenza sempre più marcata alla riduzione al ricorso alla consulenza facoltativa da parte delle Commissioni parlamentari, con qualche recente eccezione per l’ipotesi di richiesta di parere sugli schemi di decreto legislativo inviati alle Commissioni parlamentari nel rispetto di un onere procedimentale oramai comunemente previsto nelle singole leggi di delega, che qui tuttavia non può interessare, trattandosi di legislazione delegata. Ebbene, con quest’ultima precisazione, il dato emergente dai rapporti sull’attività svolta dal Comitato nella presente legislatura è abbastanza significativo: si tratta soltanto di 3 casi – due hanno riguardato le proposte di legge in tema di disciplina dei partiti politici e di regime previdenziale dei parlamentari e consiglieri regionali, uno invece il disegno di revisione costituzionale della parte II della Costituzione – a fronte dei 163 pareri effettivamente resi.  Poiché trattasi di un trend che registra un certo consolidamento nel tempo, ne risulta un intervento sulla legge formale “non funzionalizzata” assolutamente marginale, per non dire quasi inesistente. Occuparmene avrebbe quindi significato per me affrontare un thema ad oggetto talmente esiguo da far sì che il parlarne avrebbe comportato incorrere in una sorta di vaniloquio, se non a patto di invadere il campo altrui. Ce n’era ben donde per indurre alla rinuncia. A mitigare il tutto non poteva certo indurre la considerazione che la situazione descritta appariva assecondare o, quantomeno, essere in linea con le più generali tendenze che da tempo caratterizzano il processo di produzione del diritto legislativo, ove la legge “funzionalizzata” all’altrui (id est governativo) esercizio di potestà normativa finisce per rappresentare, incarnandola, la legge parlamentare tout-court, se è vero come è vero che leggi di conversione, di delega, di delegificazione e di autorizzazione alla ratifica costituiscono ormai il veicolo largamente maggioritario della legislazione. Il fatto, invero, che lo scrutinio del Comitato per la legislazione, per come oggettualmente perimetrato, finisse per essere rappresentativo di orientamenti generali, seppur in grado di inserire coerentemente lo stesso nelle complessive dinamiche produttive del diritto oggettivo, in nulla contribuiva però alla risoluzione del problema che avevo dinanzi: dare una consistenza ad una relazione che sembrava non averne. Mi stavo pertanto seriamente convincendo della bontà della decisione di abbandonare l’intrapresa e declinare l’invito, quando mi è venuta in soccorso un’idea che poteva offrire una via d’uscita positiva al mio dilemma. Si trattava di mutare radicalmente prospettiva, punto di vista, e passare dalla legge parlamentare come oggetto alla legge parlamentare come parametro della valutazione operata dal Comitato, strumento dello scrutinio piuttosto che atto scrutinato, mezzo per regolare i processi di produzione normativa piuttosto che ingranaggio di quei medesimi processi. È evidente che in questa nuova ottica, il problema dello spazio eroso veniva d’un colpo a dissolversi, giacché nella suddetta funzione parametrica la legge parlamentare maneggiata dal Comitato per la legislazione finisce per emanciparsi dalla concorrenza con gli altri atti normativi governativi e dal ruolo gregario nei loro confronti cui essa è oggi, sin troppo spesso, relegata e a riacquisire così una propria autonoma dimensione. La legge qui è utilizzata in via esclusiva e si atteggia a fonte sulla produzione rispetto agli altri atti normativi. Ecco allora che in questa versione il tema del rapporto fra legge formale ordinaria e attività del Comitato per la legislazione anche in un seminario come questo può acquistare una sua propria consistenza, anzi mi sento di dire – e cercherò di dimostrarlo – una sua fecondità... (segue)



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