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FOCUS - Osservatorio sul diritto elettorale

 Elezioni in Portogallo: tra conferme e novità

La consultazione elettorale

Lo scorso 18 maggio, si sono tenute in Portogallo le terze elezioni politiche in un arco di soli tre anni, a conferma di un quadro istituzionale segnato da frequenti crisi di governo.

La precedente consultazione elettorale risale al marzo 2024, quando il governo socialista guidato da Antonio Costa, attuale presidente del Consiglio europeo, fu costretto a dimettersi a seguito di un’inchiesta per corruzione che lo vedeva inizialmente coinvolto, favorendo l’avvicendamento con il primo Governo guidato da Luís Montenegro.

Quest’anno i cittadini portoghesi sono stati nuovamente chiamati alle urne per eleggere i 230 deputati dell’Assemblea della Repubblica, che è l’unica Camera parlamentare del Paese. I deputati sono stati eletti con un sistema elettorale proporzionale a lista chiusa plurinominale, presentata dal partito, o dalla coalizione, per ciascuna circoscrizione elettorale, senza che l’elettore potesse esprimere una preferenza per un singolo candidato. A ciascuna delle 22 circoscrizioni elettorali (18 corrispondenti ai distretti, 1 per ciascuna Regione autonoma, 1 per i residenti in Europa e 1 per i residenti nel resto del mondo) spetta un determinato numero di seggi, in relazione alla rispettiva grandezza demografica, per un totale di 226 deputati, con riferimento al territorio nazionale, e di 2 deputati per ciascun collegio dei residenti all’estero. La conversione dei voti in seggi avviene attraverso l’applicazione del metodo D’Hondt, basato sulla divisione del totale dei voti ottenuti da ogni lista per 1, 2, 3, 4, 5... fino a raggiungere il numero di seggi da assegnare nel collegio. I seggi disponibili vengono ripartiti distribuendoli ai partiti che hanno ottenuto i quozienti maggiori, rispettando un ordine decrescente. In caso di coincidenza di quozienti, il seggio viene assegnato al partito che ha ottenuto il maggior numero di voti alle elezioni.

L’esito delle elezioni ha confermato l’Alleanza Democratica come principale coalizione parlamentare, con un risultato pari a circa il 33% (91 seggi), in lieve crescita rispetto alla tornata precedente. Il Partito socialista ha registrato, invece, un calo, passando dal 28% al 23% (58 seggi). Particolarmente rilevante, specie considerando l’elettorato giovanile, è stato il risultato del Partito Chega, fondato nel 2019 da André Ventura, che ha superato il 20%, nonostante sondaggi inizialmente più sfavorevoli, ottenendo 60 dei 230 seggi disponibili.

A fine maggio 2025, Marcelo Rebelo de Sousa, Presidente della Repubblica portoghese, dopo aver consultato i partiti politici e verificata la possibilità di formare una maggioranza parlamentare, ha, perciò, nominato Luís Montenegro Primo Ministro. Consapevole di essere alla guida di un Governo di minoranza, quest’ultimo, sin dalle prime dichiarazioni rese all’esito delle elezioni, ha affermato di voler dialogare con le altre forze politiche per garantire stabilità nel paese.

Le puntate precedenti

Considerando l’evoluzione storica che ha portato alla recente chiamata alle urne, la decisione di convocare nuove elezioni è stata, peraltro, il risultato di una vicenda che ha riguardato proprio l’attuale Primo Ministro. Al centro del detto caso vi è stata, infatti, una ipotizzata situazione di conflitto di interessi conseguente alla conclusione di attività economiche di una società riconducibile a Luís Montenegro. In particolare, nei mesi antecedenti alle elezioni, l’attenzione mediatica e politica si è concentrata su presunti profitti ottenuti da Montenegro stesso grazie a rapporti commerciali intrattenuti con imprese operanti in settori di rilevante interesse pubblico, come l’edilizia e le telecomunicazioni, sollevando il sospetto di possibili influenze politiche sull’attività economica. Montenegro ha respinto, a suo tempo, ogni accusa di illeciti, ma le tensioni generate dalla vicenda hanno avuto un impatto significativo sull’equilibrio parlamentare, al punto che il Primo ministro, essendo a capo (anche all’epoca) di un esecutivo di minoranza, aveva provocato un voto di fiducia, respinto nel marzo scorso. Di fronte all’impossibilità di formare, a Camera invariata, una nuova maggioranza stabile, il ricorso alle elezioni è stato, allora, interpretato come una risposta alla crisi politica in atto, in assenza di soluzioni alternative condivise.

Qualche riflessione di sistema

La rapida successione di due governi (Costa, Montenegro I), appartenenti a schieramenti politici opposti e caduti entrambi nel giro di poco più di un anno, ha sollevato interrogativi profondi sulla stabilità del sistema politico portoghese. Emergono, tra le altre, riflessioni sul delicato equilibrio tra interessi pubblici e interessi privati, sulla compatibilità tra identità nazionale e integrità territoriale, nonché sull’efficacia dell’attività di vigilanza da parte dell’Entidade para a Transparência, l’ente preposto a garantire la trasparenza di coloro che ricoprono ruoli di responsabilità pubblica in Portogallo.

In questo scenario complesso, si profila, inoltre, un’ulteriore questione, che sollecita una riflessione più ampia: il superamento del tradizionale bipartitismo, presente in quel territorio dal 1974 in seguito alla Rivoluzione dei Garofani che pose fine all’Estado Novo di Salazar, testimoniato dal progressivo consolidamento del partito Chega, rappresenta un rafforzamento del pluralismo democratico o, al contrario un fattore sintomatico di una possibile e problematica futura frammentazione?

L’evoluzione del sistema politico portoghese, segnato da una crescente volatilità elettorale e dalla sfida alla governabilità, appare tutt’altro che conclusa. Proprio per questo, sembra perciò imporsi la necessità di assicurare stabilità e continuità istituzionale. In un contesto di crescente frammentazione politica, tale processo assumerebbe anche un significato rilevante sotto il profilo della fiducia degli elettori. La recente affluenza alle urne, superiore al 64% degli aventi diritto, ha segnato un cambiamento significativo rispetto alle elezioni del 2024, quando l’astensione si era attestata al 40,16%, avvicinandosi a quelle dell’ottobre del 1995, che videro la vittoria del Partito Socialista con un’astensione del 33,7%. Questo rinnovato coinvolgimento dell’elettorato, che nei mesi scorsi ha superato i 6 milioni di votanti in rapporto a quasi 11 milioni di aventi diritto, sembra discostarsi dalle dinamiche di crescente disaffezione registrate in altri Paesi, costituendo un banco di prova decisivo per la tenuta e la funzionalità del sistema politico nazionale. In un momento storico segnato da una diffusa crisi di rappresentanza e da una crescente sfiducia nei confronti delle istituzioni, la partecipazione elettorale assume un valore non soltanto quantitativo, ma profondamente qualitativo. Essa interpella direttamente la capacità di tradurre il consenso in azioni di governo adeguate ed efficaci. In tal senso, il rafforzamento del legame tra rappresentanti e rappresentati non può più essere considerato un mero obiettivo auspicabile, bensì una delle condizioni imprescindibili per garantire la stabilità del sistema democratico e la sua capacità di rispondere alle sfide attuali.



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