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 Il ruolo della regione nei processi di razionalizzazione del sistema locale

Il tema che mi è stato assegnato - qual è stato il ruolo sinora svolto dalle Regioni nei processi di razionalizzazione del sistema locale? Quale avrebbe invece dovuto essere, o dovrebbe essere in futuro? - si presta a numerose considerazioni. Può essere utile, innanzitutto, affrontare la questione a partire dalla distinzione tra razionalizzazione – volendo indicare, con questa espressione, l’insieme delle misure incidenti sull’organizzazione e sul funzionamento degli enti locali - e vero e proprio riordino territoriale  - che allude, invece, a più radicali misure di soppressione di livelli istituzionali o ricomposizione degli stessi entro nuovi confini e dimensioni – analizzando le difficoltà che le Regioni hanno incontrato nell’uno e nell’altro versante. Il primo e quasi scontato elemento di sfondo da tenere in considerazione  – e si tratta, com’è noto, di una peculiarità del sistema italiano – sono i limiti entro i quali è costretto a svolgersi l’intervento legislativo regionale in materia di ordinamento degli enti locali. Benché la riforma del Titolo Quinto della Costituzione abbia inteso accrescere le competenze legislative regionali, il legislatore statale ha mantenuto infatti uno spazio molto esteso di intervento in materia di ordinamento locale, anche dopo (e, si potrebbe dire, nonostante) la riscrittura di questa materia a opera dell’articolo 117, comma 2, lettera p) della Cost. e l’espressa limitazione della competenza statale ai soli “sistema elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane”... (segue)



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