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NUMERO 11 - 28/05/2014

 La Finlandia. Forma istituzionale, sistema elettorale e portata politica delle elezioni al Parlamento europeo

La Repubblica di Finlandia ha una tradizione costituzionale a tendenza presidenziale che risale alla carta costituzionale del 1919, e che si è mantenuta, almeno in parte, nella successiva Costituzione del 2000. Il Presidente della Repubblica è infatti legittimato da una investitura elettorale diretta, ciò che contribuisce, già di per sé, a rafforzarne e a politicizzarne la posizione rispetto agli altri organi costituzionali. È eletto secondo il metodo del doppio turno di ballottaggio, dura in carica ben 6 anni ed è eleggibile per non più di due mandati consecutivi. Tra i suoi maggiori poteri spiccano le notevoli prerogative in materia di difesa e politica estera, peraltro attenuate da una recente riforma costituzionale (n. 1112/20011), volta a favorire di un maggiore coinvolgimento del Governo e del Parlamento nell’elaborazione dell’indirizzo politico in questi ambiti.  Ora, infatti, il Presidente ha sì potere decisionale in materia di ordinamento militare e di nomine ad incarichi militari, ma in collaborazione con il ministro competente. Inoltre, le decisioni sulla partecipazione della Finlandia ad operazioni militari devono ora essere prese in conformità ad una legge del Parlamento. Infine, specificamente in merito alla rappresentanza della Repubblica di Finlandia nell’ambito dell’Unione europea, sempre la riforma costituzionale ha attribuito al Primo Ministro, e non al Presidente, la legittimazione a partecipare al Consiglio europeo e a tutte le altre attività dell’Unione che richiedano la presenza del vertice dello stato. Quanto alla distribuzione del potere decisionale in merito ad altre materie, la suddetta riforma costituzionale ha cercato di risolvere il problema del conflitto tra il Presidente e il Governo relativamente alla adozione dei vari atti. Tali conflitti sorgevano per il fatto che il Presidente, forte proprio della sua diretta investitura popolare, poteva rifiutarsi di adottare atti di indirizzo politico sottoposti alla sua firma dal Governo, ed aveva anche il potere di provocare un veto sospensivo non solo sulla legge del Parlamento – come da tradizione nei governi parlamentari -, ma anche a priori in sede di autorizzazione dei disegni di legge governativi. Tale potere di autorizzazione è ora stato abrogato. In generale, su tutte le altre decisioni, il Governo può inoltre deliberare di portare la questione davanti al Parlamento, che decide con voto a maggioranza. Questa innovazione ha il chiaro intento di riportare il circuito dell’indirizzo politico parlamentare in posizione più centrale rispetto al passato e, allo stesso tempo, sembra voler sottintendere una legittimazione più piena della rappresentanza politica parlamentare rispetto a quella presidenziale, pure se godono ambedue di investitura democratica diretta... (segue)



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