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NUMERO 13 - 25/06/2008

 Traduzione/Il caso Moro: trent’anni dopo. L'eredità del 1978 sulla politica e sulla cultura italiane

Ho vissuto a Roma dal giugno 1972 all’agosto 1973, in parte grazie ai fondi della borsa di studio Aldo Moro per gli studenti stranieri: un supporto che si rivelò essenziale per aiutarmi a completare le ricerche per la mia tesi di dottorato sull’emersione di una cultura secolare di destra in Italia. Quando, parecchi anni più tardi, quella dissertazione divenne un libro, Byzantium for Rome: The Politics of Nostalgia in Umbertian Italy, 1878-1900, credevo ancora che avrei dedicato la mia carriera di studioso alla storia culturale e politica italiana del XIX secolo; invece, proprio mentre a Los Angeles ne lavoravo al completamento, seppi del rapimento e della morte di Aldo Moro: e nonostante non avessi mai avuto rapporti personali con il presidente, sentii il bisogno – proprio per aver svolto le mie ricerche in quel ruolo – di dedicarmi alle indagini sulle ragioni per le quali era stato assassinato dalle Brigate Rosse.
Mi furono necessari nove anni per produrre un rapporto preliminare sulle ragioni dell’assassinio, che pubblicai con il titolo di The Revolutionary Mistique and Terrorism in Contemporary Italy. Nello scrivere quel testo, mi convincevo sempre più della nota tesi sostenuta da Eric Hoffer in The True Believer: che cioè, per avere una guida ideologica e politica, gli uomini di azione dipendono da quelli di idee. Mi resi conto infatti di quanto le Brigate Rosse appartenessero ad una tradizione rivoluzionaria che affondava le proprie radici nella più classica critica marxista del capitalismo. Lo evidenziava del resto anche Mario Moretti, uno dei loro leader, il quale insisteva sul fatto che le Brigate Rosse avevano sempre pensato a sé come a comunisti rivoluzionari, per quanto disordinatamente le loro azioni potessero essere ricollegate alla teoria marxista-leninista. D’altra parte, lo stesso Lenin era notoriamente disordinato nell’applicazione dei principi marxisti alle azioni e alle politiche dei bolscevichi: in un senso, dunque, i marxisti-leninisti avevano già dato vari esempi di saper agire in modo innovativo, se ciò era richiesto dalle specifiche circostanze di un particolare capitalismo.
In The Revolutionary Mistique,analizzavo il modo in cui Raniero Panzieri e Toni Negri avevano adattato la cultura storica del marxismo alle esigenze dei rivoluzionari dell’Italia contemporanea. Enormi divergenze di opinioni dividevano l’estrema sinistra in piccolissimi e medi compartimenti tattici ed ideologici, che raramente concordavano su come promuovere la rivoluzione: pure, la fede nella sua imminenza e necessità pervadeva l’intero movimento della cd. “sinistra extraparlamentare”, come veniva comunemente definito questo arcipelago di gruppi dissenzienti. In tale arcipelago, molti fra pensatori, gruppi e riviste extraparlamentari guadagnarono una certa notorietà: ma furono Panzieri e Negri a giocare i ruoli chiave nel processo di autodefinizione della sinistra rivoluzionaria alla vigilia dei violenti anni Settanta.

(segue)



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