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NUMERO 8 - 22/04/2009

 Pasquetta a Bomarzo, palcoscenico dell'immaginazione

Visitare Bomarzo è come immergersi in un regno fuori dal tempo: i miti in cui affondano le radici delle varie opere provengono da diverse culture. L’allegria delle scolaresche in gita smorza l’atmosfera a tratti lugubre del percorso, ci ricorda che siamo in un parco dal quale si può venir fuori. Esistono luoghi senza tempo, palcoscenici dell’immaginazione, dove si risvegliano ricordi di miti dimenticati. A due passi da Roma, vicino Viterbo, in un parco, si nascondono divinità, creature fantastiche e mostri.
Le sculture coperte di muschio trasudano storia, mitologia e leggenda. Passeggiare nel “bosco sacro” è come attraversare, uno per uno, i padiglioni della mente di un uomo eccentrico dalla vita spezzata.
Pier Francesco Orsini detto “Vicino”, “sol per sfogare il core”, ordinò di scolpire mostri nei grandi massi del suo giardino. Era il 1552 quando Pirro Ligorio, architetto di Villa d’Este (Tivoli), progettò “il parco delle meraviglie” e assoldò scultori sconosciuti per cavar dalla pietra i “demoni” della mente del Principe.
All’ingresso del Parco sono poste due sfingi, sul basamento in pietra di ognuna di esse una frase che avverte il visitatore e sembra suonare come un monito: “Chi con ciglia inarcate/ et labbra strette/ non va per questo loco/ manco ammira/ le famose del mondo/ moli sette”, e “Tu ch’entri qua pon mente/parte a parte/ et dimmi poi se tante/meraviglie/ sien fatte per inganno/o pur per arte.”

(segue)



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