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di Mario Libertini
Organismo di diritto pubblico, rischio d'impresa e concorrenza: una relazione ancora incerta
E’ noto che, per quanto riguarda l’individuazione dei soggetti obbligati a rispettare le norme sull’evidenza pubblica negli appalti, le direttive comunitarie, e le relative norme di recepimento, designano, fra i destinatari della disciplina (“amministrazioni aggiudicatici”), oltre ai tradizionali enti pubblici, anche soggetti appartenenti ad una categoria residuale, definita, nel testo italiano, come “organismo di diritto pubblico”. La sedes materiae è oggi l’art. 3.26, d.lgs. 163/06, che definisce questa figura (in stretta aderenza con il linguaggio delle direttive comunitarie) come “organismo, anche in forma societaria:
- istituito per soddisfare specificatamente esigenze di interesse generale, aventi carattere non industriale o commerciale;
- dotato di personalità giuridica;
- la cui attività sia finanziata in modo maggioritario dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico oppure la cui gestione sia soggetta al controllo di questi ultimi oppure il cui organo d’amministrazione, di direzione o di vigilanza sia costituito da membri dei quali più della metà è designata dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico”.
La figura giuridica dell’ “organismo di diritto pubblico” fu a suo tempo costruita dalla giurisprudenza comunitaria, e poi recepita nelle direttive comunitarie sugli appalti, per colpire le situazioni di privatizzazione puramente formale di enti tradizionalmente pubblici, che pur conservavano, nella nuova forma giuridica (di solito s.p.a.), le caratteristiche funzionali salienti di cui erano tradizionalmente dotati; in altri termini, fu costruita per evitare che, attraverso privatizzazioni puramente formali, gli stati membri eludessero le direttive comunitarie sugli obblighi di sottoporre a “gare europee” gli acquisti rilevanti di beni e servizi da parte delle pubbliche amministrazioni.
(segue)
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