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NUMERO 21 - 05/11/2008

 Partiti politici e nuove tecnologie

1. Il tema che mi è stato affidato ha un titolo tanto affascinante quanto difficile da delimitare.
Sappiamo bene, infatti, quanto variegate e multiformi siano le forme di partito che la esperienza degli ultimi secoli ci ha consegnato e, sia pure in misura minore, abbiamo una conoscenza delle nuove tecnologie sufficiente a saper almeno due cose: la prima che esse sono sempre più multiformi e complesse; la seconda che esse sono in costante mutamento e in continua evoluzione.
E’ necessario dunque delimitare in qualche modo il campo di indagine e di riflessione, assumendo come premessa che le considerazioni che si svolgeranno sono a priori assolutamente provvisorie e suscettibili di continui aggiustamenti man mano che le modalità di partecipazione politica si evolveranno e le nuove tecnologie si espanderanno e amplieranno la loro portata e il loro ambito di azione.
Due punti tuttavia meritano di essere fissati.
Il primo, con riguardo ai partiti politici. Il secondo, inerente alle tecnologie delle quali si vuole parlare. 

2. Su come si concepisce il partito rispetto all’uso di nuove tecnologie, innanzitutto.
Se si vuole partire da una lettura statica del dettato costituzionale e da una visione sostanzialmente ideologica del partito come ci è stata consegnata dalla tradizione dei grandi partiti di massa del secolo scorso, allora dobbiamo rassegnarci a una riflessione che guardi alle nuove tecnologie solo nel loro aspetto puramente strumentale, finalizzato a migliorare, ove possibile, e a fluidificare con nuove forme di comunicazione, gli apparati organizzativi tradizionali e i loro rapporti con i militanti e gli elettori.
Nessuno dei due aspetti essenziali della nozione di partito politico ricompresa nell’art. 49 Cost. — l’essere essi libere associazioni di cittadini; e l’avere essi come fine quello di consentire ai cittadini di concorrere alla determinazione della politica nazionale — è di per sé tale da vedere nelle nuove tecnologie uno strumento di un qualche significato, che non sia, al massimo, quello di facilitare le modalità di funzionamento dell’associazione, da un lato e le modalità di partecipazione degli associati (o, se si preferisce, dei militanti) alla vite dei partiti, dall’altro. In questo senso è senz’altro giusto dire fin da ora che le nuove tecnologie, qualunque cosa esse siano, se applicate a partiti politici “statici”, visti come necessariamente e strettamente fedeli al modello costituzionale, non possono avere un valore molto maggiore di quello di puri strumenti, utili certamente a migliorare la organizzazione e le modalità operative ma difficilmente in grado di modificare la natura, il ruolo, e le caratteristiche essenziali dei partiti.



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