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NUMERO 22 - 19/11/2008

 Che fine ha fatto l'Uomo Bianco?

Cosa cambia per l’Uomo Bianco se un un uomo nero siede alla Casa Bianca? E soprattutto cosa resta dell’Uomo Bianco, nell’accezione che da cinque secoli siamo abituati a riconoscere al concetto, da quando un nero è eletto a capo della massima potenza occidentale? L’arrivo di Barack Obama alla presidenza degli Stati Uniti segna una svolta epocale nella storia del mondo, non solo politica, ma innanzittutto simbolica e culturale. C’è chi parla di un avvenimento postrazziale, chi definisce “postetnica” la corrente attuale. Certo è che l’elezione del primo presidente afroamericano d’America suscita alcuni interrogativi. E se molti commentatori riluttano ad assumerli ed evitano di rispondervi, temendo di passare per politicamente scorretti o democraticamente infidi, è anche vero che tacerne o schivare la questione rischia di essere l’espressione di un conformismo timido e reticente.
Obama? E’ uno di noi. La nonna a Kogelo sacrifica le vacche? Il nipote, dallo Studio ovale, rende onore all’Occidente.
Ci sono per esempio quelli che vedono nell’elezione di Obama un non fenomeno. Sono i realisti, i cinici, i pragmatici, i disillusi, machiavellici d’antica esperienza, come Ruggero Guarinid, letterato napoletano che vive a Roma: “L’Uomo Bianco ha inventato una macchina – il complesso scienza, tecnica, capitale, mercato, democrazia – che si chiama Occidente. Non è un luogo geografico, è una macchina, per l’appunto. E se domani verrà gestita, amministrata e sviluppata da bianchi, neri, rossi o gialli conta poco. Quel che conta è che resta un’invenzione dei bianchi”. Dunque non cambia molto per lo scettico Guarini, un’anima che dialoga col mito restando sempre in collegamento con l’umore e l’atavismo popolari.

(segue)



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