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di Claudio Rossano
La forma di governo nella prospettiva delle riforme costituzionali
Nel contesto del dibattito sulle riforme istituzionali che necessitano di una modifica dell’assetto costituzionale italiano assume una valenza preminente quello sulla forma di governo. È invero generalmente diffusa l’idea che nel rapporto tra gli organi costituzionali sia il deficit di potere decisionale dell’esecutivo ciò che determinerebbe essenzialmente la crisi in cui versano le istituzioni politiche.
La causa della “debolezza” dell’esecutivo viene individuata ora nella esasperata frammentazione dei partiti politici, i quali anche se confluenti in coalizioni contrapposte rendono le stesse fragili, in quanto, mantenendo in esse le loro identità, sono in condizione di sottoporle a continue pressioni e condizionamenti; ora in un meccanismo elettorale che in un sistema di governo parlamentare come quello italiano si rivela inidoneo a coniugare ad un tempo rappresentatività parlamentare del popolo e delle forze sociali in cui esso si articola e governabilità da parte dell’esecutivo; ora nella carenza della disciplina costituzionale che non prevede meccanismi idonei per assicurare al Governo un effettivo, efficace ed autorevole potere di decisione.
I problemi cui danno luogo la forma di governo e più in generale il parlamentarismo in Italia non possono tuttavia essere affrontati isolatamente ed indipendentemente dall’esame del contesto istituzionale della forma di Stato vigente in Italia. Ciò soprattutto ove si consideri che congiuntamente alla forma di governo il dibattito sulle riforme costituzionali concerne anche l’assetto dei poteri in senso verticale. Ad uno Stato centralista o prevalentemente centralista viene invero contrapposto uno Stato fondato prevalentemente sulla ripartizione dei poteri a vantaggio delle autonomie locali, si configuri esso come Stato a forte autonomia regionale con caratteri federalisti o come Stato in senso proprio federale.
(segue)
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