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di Giulio Maria Salerno
Il progetto di legge sul federalismo fiscale supera l’esame del Senato
L’approvazione del disegno di legge delega in tema di federalismo fiscale (A.S. n. 1117) da parte del Senato segna un passo importante verso l’attuazione dell’art. 119 Cost. In particolare, vanno segnalate alcune novità, sia sul fronte del contenuto normativo, che dal punto di vista della posizione assunta dagli schieramenti politici. Circa il contenuto, il testo approvato presenta non poche modifiche rispetto a quello inizialmente presentato dal Governo, modifiche apportate anche ed in specie su richiesta della principale forza di opposizione parlamentare. Ciò testimonia, innanzitutto, l’intenzione del Governo e della sua stessa maggioranza di evitare la strada della decisione solitaria ed unilaterale in una materia così impervia e delicata come quella della definizione dell’intero assetto finanziario della Repubblica.
Si sostiene che ciò sia dovuto soprattutto all’insegnamento fornito dalla negativa esperienza della legge di riforma costituzionale che nella quattordicesima legislatura venne sì approvata dalla sola maggioranza, ma poi respinta con il referendum popolare. Invero, è evidente che nel caso di specie non vi è la possibilità dell’appello del popolo, trattandosi di legge ordinaria e non costituzionale, e per di più non sottoponibile a referendum abrogativo a causa dei chiari limiti posti dalla Costituzione in relazione alle leggi tributarie e, più estensivamente, dalla giurisprudenza costituzionale in ordine alle leggi “produttive di effetti strettamente collegati all’ambito di operatività” delle leggi espressamente sottratte a referendum dalla Costituzione stessa. Dunque, se la ricerca di un più ampio consenso in sede parlamentare deve trovare fondamento su altro, e prescindendo in questa sede da motivazioni di ordine squisitamente politico, non può nascondersi che la maggiore convergenza possibile appare un dato indispensabile per chiunque intenda avviare il processo di attuazione dell’art. 119 Cost. E’ ciò perché, innanzitutto, l’approvazione di una siffatta riforma significa affrontare uno degli aspetti essenziali di tutto l’assetto ordinamentale, ossia il reperimento delle risorse pubbliche da parte di tutti i livelli territoriali di governo al fine dell’esercizio delle rispettive funzioni pubbliche. In altre parole, se all’interno di un regime policratico, nessuno può pretendere di decidere da solo imponendo la sua propria ed esclusiva volontà all’intero corpo sociale, ciò vale tanto più allorché il potere di indirizzo della collettività nazionale debba confrontarsi con un assetto repubblicano ormai chiaramente sviluppatosi secondo le forme del decentramento istituzionale.
(segue)
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