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di Ettore Jorio
Una più accurata certezza nel controllo del debito sanitario e nella individuazione delle soluzioni
Negli ultimi due anni circa, non si fa che parlare di deficit sanitari regionali. Oramai tanto insediati nel Paese da divenire organici al sistema Salute e, in quanto tali, da ingenerare serie preoccupazioni per la già precaria economia nazionale. Un buco nei conti della sanità, che ha oltrepassato i 25 miliardi di euro, destinato a crescere di anno in anno, in misura tanto consistente da mettere in crisi, più di quanto già lo sia per suo conto, il rapporto debito pubblico/Pil da rappresentare in sede comunitaria.
A tutto ciò consegue l’obbligo, ormai frequente, in capo alle regioni inadempienti, alcune delle quali indebitate sino all’osso, di elaborare il “programma operativo di riorganizzazione, di riqualificazione o di potenziamento” del proprio Servizio sanitario regionale, di cui al comma 180 dell’articolo unico della legge n. 311/04, integrata dalle Finanziarie successive. Quello strumento di risanamento meglio conosciuto con l’appellativo di piano di rientro, quale strumento di bonifica sia dei deficit patrimoniali consolidati che delle “perdite” operative prodotte nell’esercizio.
Di conseguenza, piani di rientro quasi ovunque e di tipologie differenti. Una grande confusione nel distinguerli e nell’individuare i diversi rimedi, tanto da mettere in imbarazzo le burocrazie regionali, coinvolte nella loro elaborazione, e l’opinione pubblica che subisce, più direttamente, i conseguenti incrementi di pressione fiscale regionale e/o l’assottigliamento delle esenzioni godute.
Piani di rientro dei disavanzi pregressi e piani di rientro del disavanzo corrente che si incrociano e si sovrappongono, pertanto, in tutte quelle regioni impegnate nel riportare in bonis le loro diseconomie sanitarie, consolidate e attuali.
I primi, ovverosia i piani di rientro dei debiti risalenti al periodo 2001/2005, per i quali il trascorso governo Prodi ha già elargito - ancorché in modo discriminato ovvero in proporzione (non algebrica) ai debiti autodichiarati - fondi per 12,1 miliardi di euro, in favore di Lazio, Campania, Sicilia, Abruzzo e Molise. Finanziamenti, questi, destinati alla estinzione dell’anzidetto debito consolidato 2001/05, concessi - quanto a 3 miliardi di euro - con il decreto legge n. 23/07, convertito nella legge n. 64 dello stesso anno, e - quanto a 9,1 miliardi di euro - attraverso mutui trentennali, sanciti dal comma 46 dell’articolo 2 della Finanziaria per il 2008.
(segue)
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